Le immagini che in questi giorni gli abitanti del Vesuvio hanno messo a fuoco nei propri occhi resi lucidi dalla tristezza, dal fumo e le ceneri descrivono un paesaggio carbonizzato dal fuoco e dalle cattive intenzioni di chi lo ha appiccato. Ora che le fiamme di questo immenso incendio sono state domate si cercano i responsabili e si contano i danni che appaiono incalcolabili. Basti pensare al valore paesaggistico dei versanti inceneriti, il valore naturalistico degli alberi carbonizzati e le influenze negative che i fumi possono aver avuto sui polmoni tutti quelli che li hanno respirati. Ci sono danni che non vengono proprio menzionati forse perché considerati “minori”, come ad esempio quelli sulla fauna selvatica: questo risulta incredibilmente grave se si considera che ci troviamo in un Parco Nazionale che viene istituito per proteggere la Natura e la Biodiversità. Un incendio di così enormi dimensioni che colpisce le pendici verdi del territorio di un parco Nazionale così “piccolo” ed isolato dalle altre aree verdi dall’agglomerato urbano che lo circonda può rappresentare una vera catastrofe per la fauna selvatica presente. Quasi tutti gli invertebrati incapaci di volare sono periti fra le fiamme e con essi anche vari vertebrati come anfibi, rettili e i piccoli mammiferi. Quelli che sono riusciti a sfuggire alle fiamme si ritrovano privi di una tana e di un territorio e sono costretti ad accalcarsi nei territori già occupati adiacenti alle aree bruciate dove solo pochi di questi sopravvivranno. Se si pensa agli uccelli si può avere l’illusione che questi siano stati più fortunati in quanto la maggioranza è potuta volare sulle fiamme, ma se si pensa che tutti gli alberi su cui nidificavano sono andati distrutti si può aver il polso dell’effetto a cascata che questo evento avrà su tutti gli organismi che abitavano quell’esteso territorio vesuviano. Altro aspetto che non si può non considerare è la difficoltà del processo di ricolonizzazione dell’area da parte delle specie animali e vegetali portate via dalle fiamme. Il muro di edifici e strade che circonda il Vesuvio interrompe i corridoi ecologici e la connettività che consentirebbe alla natura di rimarginare nel tempo queste cicatrici. In questo scenario in cui gli animali e le piante che il parco doveva tutelare sono scomparsi fra le fiamme, la speranza di un loro veloce ritorno è affidata comunque al Parco che dovrebbe mettere in campo uno studio e delle azioni per favorire la connettività con le aree bacino da cui gli organismi possano migrare nuovamente nei territori inceneriti facendoli rifiorire di biodiversità. Inoltre sarebbe auspicabile un servizio di sorveglianza antincendio più efficace e capillare che possa prevenire le fiamme e non produrre cenere. Si spera che le istituzioni tutte non si limitano a quei formali gesti di rappresentanza in cui d’avanti a qualche TV locale vengono liberati due rapaci e si piantano tre piante esotiche; ma lavorino seriamente e costantemente per molto tempo sul ripristino degli ambienti bruciati, inquinati ed impropriamente cementificati all’interno del Parco.
di Rosario Balestrieri Ornitologo – CNR
Presidente dell’Associazione di Tutela Ambientale ARDEA