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Addio a Iawì, uno degli ultimi indiani Avá Canoeiro
Venerdì, 07 Luglio 2017 17:52 Scritto da Paola Gentile
Si è spento all’età di 56 anni Iawì, uno degli ultimi membri della tribù degli Avá Canoeiro.
Con la sua morte la tribù, a rischio estinzione, conta un nucleo familiare di otto persone.
Iawí era stato contattato dal Dipartimento agli Affari Indiani del Brasile (FUNAI) nel 1983, quando la costruzione di una grande diga idroelettrica avrebbe dovuto inondare il rifugio degli indigeni, nelle colline della Serra de Mesa.
Il piccolo gruppo era sopravvissuto a un massacro avvenuto nel 1962, e per vent’anni aveva cercato rifugio nelle grotte più nascoste, in alto, tra le montagne.
Incredibilmente, questo gruppo di Avá Canoeiro vive a sole quattro ore di macchina dalla capitale Brasilia.
Di notte scendevano per saccheggiare gli orti dei coloni alla ricerca di cibo. Altrimenti sopravvivevano cacciando piccoli mammiferi come topi e pipistrelli. A causa di questa esistenza precaria, per lungo tempo le donne non sono riuscite a procreare.
Gli Avá Canoeiro sono gli ultimi superstiti di una tribù forte e orgogliosa che ha vissuto in fuga sin dal 1780. Per decenni hanno resistito con forza ai colonialisti bianchi che li cacciavano sistematicamente, mentre sempre più terre indigene venivano rubate.
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Sono 250 le abitazioni degli Jumma, gli abitanti indigeni delle Colline Chittagong in Bangladesh, rase al suolo dal fuoco appiccato dai coloni bengalesi.
Secondo quanto riportato da alcuni testimoni oculari, l’esercito e la polizia sono rimasti a guardare e non sono intervenuti quando i coloni, che protestavano contro la morte del signor Nayon, si sono scatenati, dando fuoco alle case degli Jumma e ai negozi in tre diversi villaggi.
Il governo del Bangladesh ha trasferito i coloni bengalesi sulle terre degli Jumma per più di 60 anni. Gli Jumma sono passati dall’essere praticamente i soli abitanti delle Hill Tracts a essere, oggi, in netta minoranza rispetto ai coloni.
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Carnevale di Rio 2017. Protesta degli indigeni brasiliani
Sabato, 25 Febbraio 2017 16:23 Scritto da Paola Gentile
Protesta degli indiani brasiliani in occasione del celebre Carnevale di Rio de Janeiro al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica circa la lotta per la terra contro lo sfruttamento, il genocidio, la schiavitù e il razzismo operato dai “colonizzatori” che, in nome e per conto del progresso, stanno distruggendo quello che è considerato “il polmone verde del mondo”.
Diciassette leader indigeni hanno sfilato al seguito del carro della scuola di samba Imperatriz Leopoldinese, raffigurante la distruzione dei territori indigeni nella foresta pluviale amazzonica.
Inevitabile la protesta anti-indigena e i commenti sprezzanti comparsi sui social. La leader indigena Sonia Guajajara ha dichiarato durante il carnevale: «Grazie alla scuola di samba per averci dato un altro strumento per la nostra lotta, mentre dobbiamo affrontare interessi economici e politici potenti. Il carnevale può dare vigore alla nostra battaglia».
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È trapelato un rapporto interno commissionato dallo stesso WWF (Fondo Mondiale per la Natura) in merito all’impatto delle sue attività di conservazione sui ‘Pigmei’ Baka del Camerun. Il rapporto, di cui il WWF aveva negato l’esistenza, rivela che:
- Il WWF sapeva che i Baka non erano stati consultati in merito ai parchi nazionali che si sono presi la loro terra. Tuttavia, da allora l’organizzazione ha sempre sostenuto pubblicamente che ci fosse “un alto livello… di consenso tra la comunità”.
- Alcuni guardaparco che pattugliano l’area “si comportano come signori e padroni” nei confronti dei Baka, lanciando “operazioni pugno di ferro”… “terrificanti”. Nonostante questo, un portavoce del WWF ha affermato che i guardaparco “compiono la loro funzione specifica di proteggere le foreste e di rendere sicuri l’accesso e le aree delle comunità della foresta, inclusi quelli dei Baka.”
- Quando le comunità riferiscono delle violazioni, molti dei responsabili degli abusi non vengono puniti “nonostante le denunce della comunità, supportate da prove”. Ma il WWF continua ad affermare pubblicamente che “quando un comportamento inaccettabile è arrivato all’attenzione del WWF… il WWF ha affrontato la questione in modo diretto e con enfasi [presso il governo], e il comportamento è parso migliorare”.
Senza accesso alla loro terra ancestrale, i Baka hanno visto la loro salute deteriorarsi e oggi si ritrovano ad affrontare un futuro incerto.
Senza accesso alla loro terra ancestrale, i Baka hanno visto la loro salute deteriorarsi e oggi si ritrovano ad affrontare un futuro incerto.
Contrariamente alle sue stesse linee guida, il WWF non ha mai diffuso il rapporto, nonostante le richieste di Survival e degli attivisti baka. In un’intervista alla rivista ambientalista Mongabay, Phil Dickie, “responsabile della gestione dei problemi” per il WWF, ha negato che l’organizzazione avesse commissionato un’indagine in merito alle accuse mosse da Survival International.
Nel febbraio 2016, Survival ha presentato un’istanza formale al Punto di Contatto Nazionale svizzero per le Linee Guida dell’OCSE in merito alle attività del WWF in Camerun. L’istanza è stata accolta nel dicembre 2016: è la prima volta che un’organizzazione no profit viene esaminata secondo questa procedura.
“Un tempo la foresta era per i Baka, ma ora non lo è più. Camminavamo nella foresta a seconda delle stagioni, ma oggi abbiamo paura. Come possono proibirci di andare nella foresta? Non conosciamo un altro modo di vivere. Ci picchiano, ci uccidono e ci costringono a fuggire.”
“Il WWF commissiona un rapporto per valutare l’impatto delle sue attività sui Baka, includendo presumibilmente anche le accuse di abusi commessi dai guardaparco che l’associazione finanzia. Il rapporto conferma che gli abusi sono molto diffusi e che sono all’ordine del giorno, e allora il WWF nega l’esistenza del rapporto. È arrivato il momento che questa grande organizzazione della conservazione faccia i conti con le responsabilità che ha verso coloro che si sono visti derubare della loro terra ai fini della conservazione” ha dichiarato oggi il direttore generale di Survival Stephen Corry. “Ed è anche giunto il momento che il mondo si renda conto degli orrori che vengono commessi nel nome della conservazione. Non si tratta solo del Camerun nè solo del WWF: dietro l’industria della conservazione c’è una lunga storia di furti di terre indigene. È colonialismo verde e stiamo facendo tutto il possibile per contrastarlo. Molti conservazionisti sanno che i popoli indigeni sono i migliori custodi del mondo naturale, ed è per questo che le grandi organizzazioni della conservazione dovrebbero iniziare ad ascoltarli invece che essere coinvolti nella loro distruzione.”
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Identità a Tavola. Calabria protagonista in Giappone
Venerdì, 02 Novembre 2018 16:48 Scritto da Paola Gentile
Il Made in Calabria approda in Giappone grazie all’agrichef Enzo Barbieri, unico chef presente all’evento “Mostra Italia” ospitato nel prestigioso store multipiano e multifunzionale HarukasuKintetsu di Osaka.
Dalla pasta imbottita agli involtini di maiale con cicoriette di campo, dalle crocchette di melanzane al tris di conserve in olio extravergine d’oliva prodotto dalla Bottega Barbieri, fino alla cicirata come dessert: è questa la proposta gastronomica presentata nel paese del Sol Levante.
Quello calabrese è un patrimonio culinario mirato alla valorizzazione della materia prima, simbolo di biodiversità, che prende vita grazie alle sapienti mani di chef Barbieri.
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