Cinquanta sfumature di nero è uscito in tutte le sale del globo, in Italia il 9 febbraio, facendo registrare incassi record. Bene per loro, male per le nostre preziose diottrie costrette alla visione di un film di rara bruttezza. Ci eravamo lasciati con Anastasia Steele (Dakota Johnson) che pianta in asso il Dominatore Christian Grey (Jamie Dornan) dopo che quest’ultimo l’aveva presa a cinghiate. Lei, oltraggiata, era fuggita lasciandolo in un mare di sensi di colpa. La nuova pellicola si apre con il nostro miliardario rammollito, possessore di una patente per tutto (nautica, aerea e chi più ne ha più ne metta), deciso a riconquistare la donna della sua vita e pronto a cambiare per amore. Dal canto suo Ana, stagista presso la casa editrice Sip e ferma a tenere il punto, cede dopo circa due minuti rivedendo il suo Chris alla mostra fotografica di José - migliore amico della viziosa brunetta, follemente innamorato di lei e cestinato forse perché ritenuto troppo “normale” in un universo, quello di Ana, popolato da psicopatici, attempate Dominatrici di mezza età e ragazze con la pistola. La non più così timida Anastasia si getta tra le braccia di Grey durante una cena nella quale lui, tra una portata e l’altra, gli rivela, en passant, che sua madre, morta quando era piccolo, era una tossica. Da qui un’escalation di insensatezze. Il capo di Ana, tale Jack Hyde, manco a dirlo ci prova con lei che scappa inorridita e va a spifferare tutto a Christian che nel frattempo ha acquistato la Sip e che, naturalmente, fa licenziare Hyde. Fin qui nulla di strano, si fa per dire, l’assurdo arriva quando la dolce Ana diventa da stagista (e sottolineo “da stagista”) direttore editoriale ad interim; roba che nemmeno se ti rechi in pellegrinaggio a Lourdes a piedi può mai accadere. Ma qui siamo in Italia, che ne sappiamo noi del merito, magari lei è brava ed è stata scelta perché: ″ho letto più manoscritti di tutti qui dentro.″ Frattanto che si consuma l’idillio, con parentesi festaiola in maschera spacciata per galà chic ma che ricorda tanto i matrimoni trash che spopolano in tv, una Ex sottomessa, tale Leila, riaffiora dal passato di Chris e minaccia Ana con una pistola, per il semplice fatto che “dorme con il padrone” ed è riuscita dove altre prima avevano fallito. Come ci sia riuscita? Mistero! direbbe Ruggeri, visto che la squilibrata con indosso abiti lerci e con seri problemi di shampoo è più avvenente della mono espressiva Johnson. Fatto sta che la matassa si dipana in due minuti di orologio tempo in cui Grey le ordina di consegnargli l’arma e Leila lo fa, inginocchiandosi pure ai suoi piedi. Anche qui: perché? Non si sa. Il finale è un climax di follia allo stato puro imbastito da frasi sdolcinate e citazioni da film cult con relativo tocco alle bruciature sul petto di Grey, delle quali la sua bella si è ricordata solo verso la fine del film, quasi per illuminazione divina. Come se non bastasse Christian sopravvive ad un incidente aereo riportando solo un’escoriazione sulla fronte e Mrs. Robinson, la donna che ha iniziato il miliardario spaccone di cui sopra al sadomaso, interpretata da una Kim Basinger molto somigliante a Mickey Rourke, viene fatta fuori rovesciandole un cocktail in faccia. Le sfumature di nero sono talmente deludenti sotto ogni punto di vista da spingerci a rivalutare il prequel di due anni fa dove tra spasimi e nodi alla Jack Sparrow c’era una certa qual aderenza mista ad una accennata parvenza di sadismo che caratterizza i libri. Ad oggi tutto è scomparso: il sesso “estremo” ha lasciato il posto a quello “vaniglia”, il frustino a pratiche orali decisamente più morbide, la cinghia ad un fiume di fiori con annessa proposta di matrimonio, così melenso da far sembrare i film di Moccia cinema d’essai. Le uniche e misere quattro sculacciate che lui le dà con la mano sono un’iniziativa morta e sepolta nell’istante esatto della sua esplicazione e fanno il paio con una sceneggiatura imbarazzante ed una regia fiacca, il tutto unito al plasticismo dei protagonisti, così stereotipati e perfetti da risultare stucchevoli. Cinquanta sfumature di nero è portatore sano di una cinematografia di bassa qualità depositaria di un messaggio sessista da oscurantismo medievale che ti dice che il denaro può tutto e che non importa quanto tu sia brava conta solo con chi ti accompagni.
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