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Struggente. Se mi chiedessero di descrivere con un aggettivo il romanzo di Edith Wharton “L’età dell’innocenza” credo che userei proprio questo. Struggente è la definizione più calzante per il grande capolavoro della letteratura americana pubblicato nel 1920 e che valse all’autrice il premio Pulitzer nel 1921. Perché è di questo che si tratta, di un capolavoro, di un piccolo gioiello che ci restituisce un ritratto cristallino, sprezzante, lucido della società newyorkese di fine Ottocento, un piccolo microcosmo che si snoda tra la Quinta e la Ventinovesima strada (considerata già periferia, con le case dalle piastrelle nere sulla facciata) fatto di riti, convenzioni, ossequi, riguardi, ottuso perbenismo dove la vendetta si consuma “senza spargimenti di sangue” e dove la norma è quella di non confidarsi ma lasciare all’intelligenza dell’altro cercare di leggere tra le righe, di carpire dal movimento degli occhi, dalla posizione del corpo se c’è o meno qualcosa che non va. I sentimenti più intimi devono essere taciuti cosicché tutto possa rimanere nella normalità.

Un romanzo dinamico, dallo stile preciso, descrittivo, dove i ritratti che vengono fatti dei personaggi e dell’ambiente ricordano i quadri impressionisti, e dietro i cappellini dalla veletta si celano inquietudini, drammi, malinconia e voglia di ribellione.

E’ la storia di un amore sbocciato e soffocato dalle regole che vede come protagonista la bellissima ed anticonformista contessa Ellen Olenska, cresciuta all’europea, che fugge da un marito (il polacco conte Olenski) dispotico, depravato e dai gusti sessuali “vari” per ritornare a New York e trovare rifugio tra la sua gente, che però non la comprende e disapprova le sue scelte. L’unico che sembra comprendere la voglia di libertà di Ellen è Newland Archer, avvocato ed aristocratico, fidanzato con la cugina di lei, May Welland che incarna la perfetta fidanzata e la futura perfetta moglie. Ellen rappresenta tutto quello che Archer aspira a voler diventare ma che non diventerà mai, lei è forte, indipendente, autonoma, libera di frequentare le feste considerate poco rispettabili dalla famiglia, libera di trattare alla pari la sua domestica, curiosa di tutto ciò che è arte, cultura, di tutto quello che rappresenta la novità. Mentre Ellen vive la sua vita e sconta la sua punizione per essere “così diversa”, Archer si crogiola nella sua autocommiserazione, pensando al fatto che la sua esistenza si svolgerà tra le quattro mura domestiche, lo studio legale, il circolo e sarà costretto a vivere per sempre al fianco di una donna “limitata” e che considera strambe tutte le cose che non conosce.

La forza del libro, oltre al sarcasmo e al tono sprezzante utilizzato dalla Wharton, è la tensione amorosa che è palpabile quando Ellen ed Archer si trovano nella stessa stanza, i baci rubati, la voglia di vedersi che spinge alla menzogna, lo sfiorarsi la mano anche solo per sbaglio, cercare di combattere contro tutto e tutti ma poi scoprire di non averne la forza e rendersi conto che l’educazione e l’apparenza contano più di ogni altra cosa.

E’ il classico libro che non ti aspetti, che ti fa riflettere e considerare come l’amore viene visto e trattato ai giorni nostri. Oggi si usa il proprio corpo come merce di scambio, si usano i sentimenti degli altri per ottenere piaceri, favori o per consumare vendette, si tratta l’amore come qualcosa di cui poter disporre a proprio gusto e il sesso è diventato l’unica consolazione ad una vita pressoché sterile. Chissà con che occhio avrebbe guardato la Wharton la società di adesso, allora come oggi i soldi e l’apparenza contano più di ogni altra cosa, forse ne avrebbe apprezzato la libertà e la mancanza di pudore, ma si sarebbe anche resa conto che oggi come allora ancora permangono alcuni tabù e alcuni limiti davvero insormontabili.

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Venerdì 26 giugno2015 alle ore 18,30 presso la Biblioteca di Villa Bruno- via Cavalli di Bronzo, 22 – San Giorgio a Cremano si svolgerà la presentazione ufficiale del libro “ Cuore di rondine”. L’autore,il Comandante Alfa è lo pseudonimo sotto cui si nasconde l’identità di uno dei fondatori del G.I.S., il Gruppo di Intervento Speciale dell’Arma dei Carabinieri. Il Comandante Alfa è uno dei fondatori del GIS (Gruppo intervento speciale), reparto d’élite dell’Arma dei Carabinieri. Alle sue spalle ha un curriculum militare impressionante: Medaglia Mauriziana al Merito di dieci lustri di carriera militare; Medaglia Afghana Loya Jirga consegnata dal presidente Hamid Karzai per l’Operazione Corona; Croce Commemorativa per l’Attività di soccorso internazionale in Iraq; Croce Commemorativa per il Mantenimento della pace in Afghanistan. Ha ricevuto elogi militari per le sue varie missioni, tra cui: Kabul (Afghanistan); Missione IFOR e Missione SFOR Mostar (Bosnia Erzegovina); Missione Antica Babilonia Nassiriya (Iraq); Missione NTM - I Baghdad (Iraq). Numerosi i suoi riconoscimenti istituzionali: Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana; Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia; Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana; Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana. Per la prima volta, un uomo chiave dei corpi scelti dell’Arma dei Carabinieri si racconta in un libro e mostra la storia dell’Italia degli ultimi trent’anni da un punto di vista molto particolare. Il racconto emozionato ed emozionante di un luogotenente dell’Arma dei carabinieri appartenente fin dalla sua fondazione al corpo speciale del G.I.S., Gruppo Intervento Speciale, noto anche come “teste di cuoio”. La voce narrante di questo avvincente memoir conduce in presa diretta all’interno di questo gruppo d’élite circondato dalla più assoluta segretezza, a partire dalla prima, riuscita azione del G.I.S., ossia la repressione della rivolta scoppiata nel supercarcere di Trani nel 1980. Oltre all’azione, alla tecnica, alla preparazione militare e all’allenamento strenuo, in queste pagine si scopre anche l’uomo dietro il mefisto, il marito, il padre che non può rivelare il suo ruolo nemmeno ai familiari più stretti, l’uomo che si interroga sui limiti delle proprie azioni, nel corso di una vita fatta di missioni in terre ostili, di notti insonni, di incertezza del domani. E se non mancano i momenti di gioia, in un angolo del cuore c’è sempre il dolore per i compagni che non ce l’hanno fatta, per i bambini che soffrono nelle zone di guerra e per tutti coloro che non si è riusciti ad aiutare.

 

 

Oltre all’autore, interverranno alla presentazione la dott.ssa Laura Cordella, il Ten. Col. Antonio Grilletto e la sig.ra Paola Toti. 

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E’ una strana ricorrenza: aspettare l’estate con un fuoco acceso. Se non fosse altro che metafora di luce, piuttosto che di calore. Come segnale di fuoco, come segnale di vita. Da un’isola. Sperduta nel mare, in mezzo a tante isole. La lasciamo navigare, ci lasciamo navigare. Se non fosse altro che le isole siamo noi. E ascoltiamo con tutti i sensi la poesia che, già alla prima scintilla, divampa. E’ una fresca domenica sera qualunque, primo giorno d’estate, come da rituale. Cosa unisce tante persone a ritrovarsi in un unico posto? In un cerchio unito e denso, tanto vicine nei pensieri da poterli vedere tutti in fila, i loro pensieri: e brillare negli occhi, attraverso le mani, sulla voce che cammina. Tante isole in una sola isola. Dicono che sia “la passione per le parole”, ma ancor più forte è l’amore a condurle. Lo stesso che unisce le persone in matrimonio e stringe i patti d’amicizia e sveglia in un lampo al mattino con la forza di rendere un qualcosa al mondo.

 

Salvatore Violante ha teso i fili: e tutti, fidandosi, lo hanno seguito. Insieme a lui, Giuseppe Vetromile ha fermato i momenti: l’indiscusso sorriso dei presenti è apparsa la fotografia più bella da conservare nella mente, l’accoglienza più calda. La musica, fedele compagna, ha fatto vibrare ancor di più le parole che uscivano dalla bocca dei poeti e si fermavano sulla pelle, creando brividi: il sassofono di Francesco Cirillo e il piano di Stefano Bottiglieri. Puntuale, alle 21, come in tutti i luoghi in cui è avvenuta la stessa manifestazione poetica, l’inconfondibile voce di Mario Grazio Balzano ha recitato la poesia simbolo di quest’anno: Vent’anni, della poetessa rumena Carmen Bugan, emigrata negli Stati Uniti nel 1989. La straziante malinconia dell’addio in una condizione perpetuamente attuale. Il dramma di chi, partendo, non lascia soltanto vie conosciute e volti cari, ma una parte di sé, dietro di sé, che non tornerà più. Con la stessa violenza che il tempo impone a chi abbia da ristabilirsi dopo un lutto. Partire, senza altre vie d’uscita, è come uno strappo.

 

Prima donna della serata è stata, senza dubbio, Wanda Marasco, autrice de “Il genio dell’abbandono”, libro arrivato tra i quindici finalisti per il Premio Strega e che racconta la vita del più grande scultore italiano attivo tra Ottocento e Novecento, Vincenzo Gemito. La scrittrice ne ha letto alcune pagine, mostrando di sé mille sfumature: autrice di un capolavoro, narratrice della sua storia, regista dei suoi movimenti, attrice della sua ispirazione. Il pubblico è rimasto in silenzio, attento. Si è stati come a teatro, in un’atmosfera forte e penetrante, allo stesso modo. Non servono, talvolta, quinte, copioni, costumi, regia. Occorre talento. E il talento appare soprattutto nel modo in cui ci si avvicina e si arriva alle persone, nel modo in cui le si guarda. E Wanda Marasco ha potuto godere anche di questo invisibile, importantissimo titolo: il talento di saper guardare con dolcezza le persone intorno. Marilena Gragnaniello, accompagnata dai Cantapopolo, danzava intorno al rito del fuoco acceso, creando un momento suggestivo. Il professore, saggista e poeta, Raffaele Urraro, ha letto alcuni passi del suo lavoro su Leopardi: “Giacomo Leopardi. Le donne, gli amori”, una ricerca sull’universo femminile presente all’interno delle opere del poeta ottocentesco. Mentre la luce fuggiva e calava il buio, le voci dei poeti continuavano ad alternarsi, simili a moti dell’anima, rinascenti emozioni: Giovanni Balzano, Annibale Rainone, Anna Rachele Ranieri, Clara Chiariello, Prisco De Vivo, Carlo Di Legge, Lina Sanniti, Mario Apuzzo e gli stessi Salvatore Violante e Giuseppe Vetromile, organizzatori dell’evento.

 

A vederli dall’esterno, non li capiresti, i poeti: diresti che sono diversi, diresti che sono uguali. Diresti persino che non vi appartieni, diresti che un po’ ti spaventa avvicinarti a loro, ai loro pensieri così trasparenti, così nascosti. E allora cerchi a tutti i costi le parole, le metti insieme. Un pensiero ricorrente, un malumore, un sentimento nuovo. Le getti sul foglio e allora pensi: “poesia”. I poeti son poesia, e in essa c’è tutto il mondo, il tangibile e il non, non vi è altra definizione più vicina alla loro vita.

 

Il silenzio dell’attenzione viva negli occhi di tutti si è sciolto in commozione con una poesia del poeta Salvatore di Giacomo, recitata con ineguagliabile coinvolgimento emotivo da Mario Grazio, prima voce narrante del territorio vesuviano. In chiusura della serata, “la consapevolezza di riconoscere quale sia la fortuna” sono state le ultime parole di Salvatore Violante: la fortuna era essere lì tutti insieme e non chiedere di più.

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Falli ridere, falli piangere…falli aspettare”. Con queste parole Wilkie Collins nel lontano 1860 diede vita alla più rappresentativa delle sue opere: La donna in bianco, inaugurando il filone letterario del poliziesco moderno abbinato al mistery.

Il romanzo venne pubblicato a puntate, secondo la tradizione del feuilleton, dal 26 novembre 1859 al 25 agosto 1860, sulla rivista  “All the Year Round” dell’amico e mecenate Charles Dickens. Il racconto ottenne immediatamente un successo incredibile e ogni settimana i giovani uomini e le giovani donne inglesi attendevano con ansia di scoprire le vicende della bella e folle Anne Catherick, solitaria figura che appariva di tanto in tanto completamente vestita di bianco, e che somigliava in modo impressionante alla giovane e fragile Laura.

A fare da contorno alle due donne vi sono una serie di personaggi, dalla sorellastra di Laura, la determinata Marian Halcombe, al promesso sposo di Laura (Sir Percival) che nasconde un terribile segreto, al malvagio conte italiano che ordisce intrighi e sotterfugi (Fosco) passando per il maestro di disegno (Walter Hartright) follemente innamorato di Laura che farà di tutto pur di salvarla e non si darà pace finché non avrà scoperto il rompicapo che si cela dietro l’algida figura della donna in bianco.

All’inizio i lettori non conoscevano il nome dell’autore, solo in seguito si svelò ottenendo innumerevoli riconoscimenti. Collins divenne uno dei più celebri rappresentanti dell’Inghilterra vittoriana: ex studente di giurisprudenza, amante della buona cucina e dipendente dall’oppio. Nella sua carriera scrisse oltre trenta libri, più di cento articoli, storie, saggi e una dozzina di spettacoli teatrali.

Lo spunto per la narrazione gli venne fornito da un episodio della sua vita. Nel 1858 in una sera d’estate mentre stava passeggiando in compagnia del fratello Charles per Regent’s Park, si imbatté in una donna che era riuscita a fuggire da una villa situata nei pressi, urlando e chiedendo aiuto. La donna era tenuta prigioniera da un uomo che la usava come cavia per i suoi esperimenti di magnetismo. Da quella vicenda Collins attinse per costruire il suo racconto e divenne l’amante di Caroline Graves, la donna che aveva incontrato e che aveva aiutato.  

 

Il racconto viene snocciolato attraverso le testimonianze dei protagonisti (lettere, pagine di diario, confessioni, carte processuali, testamenti e perizie) che rendono la narrazione ancora più credibile, emozionante ed enigmatica allo stesso tempo. Solo Laura, la vittima sacrificale, e Sir Percival non partecipano alla disamina degli avvenimenti, la prima perché troppo debole, il secondo perché troppo colpevole. I personaggi sono descritti in maniera impeccabile, mediante una scrittura precisa e fortemente contemporanea che porta alla luce ogni minima sfumatura psicologica di ciascun protagonista, anticipando la capacità di raccontare e scavare all’intero dell’animo umano che solo agli inizi del ‘900 sarà completamente spiegabile e possibile grazie agli strumenti che Freud fornirà a tutti noi.

Una storia densa di segreti, misteri, inganni, sostituzioni di persone, dove il tema del doppio la fa da padrone generando trame e colpi di scena. L’autore inglese T.S. Eliot ne rimase affascinato tanto da etichettare La donna in bianco come “il più bello dei romanzi polizieschi inglesi moderni”. I racconti di Collins influenzeranno le generazioni di scrittori che, dopo di lui, si cimenteranno con il genere “giallo”: da Trollope a Conan Doyle, passando per la regina del brivido Agatha Christie.

 

Morì all’età di 65 anni sopraffatto dall’oppio e dalla paranoia che lo rese schiavo, sospettoso e convinto di essere vittima di persecuzioni. Collins aveva capito che ciò che i lettori amano di più è l’intrigo, e La donna in bianco, dopo oltre 150 anni, è ancora capace di far vibrare di emozione.

 

 

 

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Nel giorno del solstizio d’estate, in varie parti del mondo, ci si raduna intorno ad una piccola fiammella accesa e si incomincia a condividere con gli altri i propri versi. “Le isole si accendono” è un’iniziativa poetica di ascolto e lettura comune, ideata dal poeta e saggista Mimmo Grasso: il fuoco che brilla è il simbolo della poesia che aiuta l’uomo, di per sé isola, a vedere più chiaro le cose all’interno e all’esterno di sé. Anche le pietre del Vesuvio brilleranno domenica 21 giugno, in una serata presentata da Salvatore Violante e Giuseppe Vetromile, dalle ore 19 in poi presso il ristorante Leopoldo a Terzigno. Alle ore 21 avverrà l’esibizione di Marinella Gragnaniello e i Cantapopolo, seguita dalla lettura della poesia prestabilita per l’edizione di quest’anno, da parte di Mario Grazio Balzano: una struggente “Vent’anni” della poetessa rumena Carmen Bugan, che comunica il dramma della migrazione, negli occhi di chi la vive sulla propria pelle. Ci sarà, inoltre, la straordinaria presenza della scrittrice Wanda Marasco, vincitrice del Premio Internazionale Eugenio Montale e del Premio Bagutta. Con la musica del Duo Cirillo, al sassofono e al pianoforte, la serata proseguirà con la voce di un’illustre rosa di poeti che darà vita alla poesia: Nancy Amato, Carlo Avvisati, Giovanni Balzano, Alessandro Carandente, Paola Casulli, Deborah Daniele, Prisco De Vivo, Carlo Di Legge, Marianunzia Masullo, Rita Pacilio, Melania Panico, Erminia Passannanti, Annibale Rainone, Enzo Rega, Raffaele Urraro, Giuseppe Vetromile, Salvatore Violante. “Perché ciascun’isola sia possibile approdo.”