Falli ridere, falli piangere…falli aspettare”. Con queste parole Wilkie Collins nel lontano 1860 diede vita alla più rappresentativa delle sue opere: La donna in bianco, inaugurando il filone letterario del poliziesco moderno abbinato al mistery.
Il romanzo venne pubblicato a puntate, secondo la tradizione del feuilleton, dal 26 novembre 1859 al 25 agosto 1860, sulla rivista “All the Year Round” dell’amico e mecenate Charles Dickens. Il racconto ottenne immediatamente un successo incredibile e ogni settimana i giovani uomini e le giovani donne inglesi attendevano con ansia di scoprire le vicende della bella e folle Anne Catherick, solitaria figura che appariva di tanto in tanto completamente vestita di bianco, e che somigliava in modo impressionante alla giovane e fragile Laura.
A fare da contorno alle due donne vi sono una serie di personaggi, dalla sorellastra di Laura, la determinata Marian Halcombe, al promesso sposo di Laura (Sir Percival) che nasconde un terribile segreto, al malvagio conte italiano che ordisce intrighi e sotterfugi (Fosco) passando per il maestro di disegno (Walter Hartright) follemente innamorato di Laura che farà di tutto pur di salvarla e non si darà pace finché non avrà scoperto il rompicapo che si cela dietro l’algida figura della donna in bianco.
All’inizio i lettori non conoscevano il nome dell’autore, solo in seguito si svelò ottenendo innumerevoli riconoscimenti. Collins divenne uno dei più celebri rappresentanti dell’Inghilterra vittoriana: ex studente di giurisprudenza, amante della buona cucina e dipendente dall’oppio. Nella sua carriera scrisse oltre trenta libri, più di cento articoli, storie, saggi e una dozzina di spettacoli teatrali.
Lo spunto per la narrazione gli venne fornito da un episodio della sua vita. Nel 1858 in una sera d’estate mentre stava passeggiando in compagnia del fratello Charles per Regent’s Park, si imbatté in una donna che era riuscita a fuggire da una villa situata nei pressi, urlando e chiedendo aiuto. La donna era tenuta prigioniera da un uomo che la usava come cavia per i suoi esperimenti di magnetismo. Da quella vicenda Collins attinse per costruire il suo racconto e divenne l’amante di Caroline Graves, la donna che aveva incontrato e che aveva aiutato.
Il racconto viene snocciolato attraverso le testimonianze dei protagonisti (lettere, pagine di diario, confessioni, carte processuali, testamenti e perizie) che rendono la narrazione ancora più credibile, emozionante ed enigmatica allo stesso tempo. Solo Laura, la vittima sacrificale, e Sir Percival non partecipano alla disamina degli avvenimenti, la prima perché troppo debole, il secondo perché troppo colpevole. I personaggi sono descritti in maniera impeccabile, mediante una scrittura precisa e fortemente contemporanea che porta alla luce ogni minima sfumatura psicologica di ciascun protagonista, anticipando la capacità di raccontare e scavare all’intero dell’animo umano che solo agli inizi del ‘900 sarà completamente spiegabile e possibile grazie agli strumenti che Freud fornirà a tutti noi.
Una storia densa di segreti, misteri, inganni, sostituzioni di persone, dove il tema del doppio la fa da padrone generando trame e colpi di scena. L’autore inglese T.S. Eliot ne rimase affascinato tanto da etichettare La donna in bianco come “il più bello dei romanzi polizieschi inglesi moderni”. I racconti di Collins influenzeranno le generazioni di scrittori che, dopo di lui, si cimenteranno con il genere “giallo”: da Trollope a Conan Doyle, passando per la regina del brivido Agatha Christie.
Morì all’età di 65 anni sopraffatto dall’oppio e dalla paranoia che lo rese schiavo, sospettoso e convinto di essere vittima di persecuzioni. Collins aveva capito che ciò che i lettori amano di più è l’intrigo, e La donna in bianco, dopo oltre 150 anni, è ancora capace di far vibrare di emozione.