Continua il nostro viaggio sul territorio vesuviano incontrando un amico giornalista, amante della natura, del cinema, della cultura e dell’escursionismo: Francesco Servino. Allora caro Francesco, presentati soprattutto verso coloro che ancora non ti conoscono e non sanno delle tue qualità. Sono un giornalista appassionato di tutte le forme di comunicazione. Amo il bello e la natura, ed è questo il motivo per il qualelotto per il patrimonio culturale e archeologico del Parco Nazionale del Vesuvio. Ogni forma d’arte e di espressione suscita la mia attenzione. Alcuni sono a conoscenza del mio attivismo. Altri si chiederanno che senso abbia intervistarmi. Io per primo. Scherzo. Esiste ancora la figura dell’archeologo esploratore e scopritore? C’è tantissimo da scoprire, tanto da portare alla luce. Basti pensare che lo storico russo Michail Rostovcev già negli anni ’30 del secolo scorso recensisse una quarantina di ville rustiche concentrate intorno a Stabiae, a Castellammare, a Gragnano, nel suburbio di Pompei e a Scafati: oggi siamo sicuri che le ville individuate nel territorio vesuviano raggiungano il centinaio. Dello scarso interesse che si attribuiva a queste costruzioni, non si potrebbe addurre prova migliore se non la circostanza che, delle numerose individuate ed esplorate, non una sia stata lasciata in vista, eccezion fatta per Villa Regina a Boscoreale. Forse oggi ci sono pochi archeologi appassionati: sono cresciuto con l’idea dell’archeologo avventuriero ma la realtà è fatta di accademia, uffici, incontri da fissare mesi prima per non giungere comunque a niente. Certo è giusto muoversi con le dovute cautele ma d’intraprendenza ne vedo poca. Quando hai scavato tanto ogni cosa che tiri fuori, ti sembra uguale e perdi interesse per la ricerca, ma per un cittadino anche una suppellettile può essere motivo di orgoglio e il suo rinvenimento può contribuire in misura enorme allo sviluppo culturale di un paese. Il caso della villa dionisiaca di Somma Vesuviana è significativo, c’è voluta l’Università di Tokyo col professor Aoyagi per scavarla. Ed è venuto fuori qualcosa di straordinario. Se lo scavo sistematico di nuove ville è difficilissimo a Terzigno, per la conformazione del territorio, non lo è in altre zone meno colpite dalle eruzioni. Tante meraviglie giacciono sepolte: ad esempio la villa “apud Nolam” in cui è morto l’imperatore Cesare Ottaviano Augusto ancora non è stata individuata. La sua scoperta sarebbe sensazionale: pensare che nel periodo fascista furono investite ingenti risorse per trovarla, considerato il suo elevato valore simbolico. E’ sepolta da qualche parte tra Ottaviano e Nola. Ville vesuviane, lo stato di degrado, verso chi puntare il dito? Verso chiunque può fare qualcosa e non lo fa. Che cosa vuol dire essere archeologo? Per me l’archeologia è studio, esplorazione. Uno studio che ho intensificato negli ultimi anni attuando ricerche, prendendo visione dei siti archeologici abbandonati e di quelli ancora da scavare e seguendo il lavoro di studiosi ed esperti del territorio vesuviano e nolano. La mia attività è prevalentemente di divulgazione. Un archeologo professionista ha il compito di portare alla luce le tracce materiali per ricostruire le civiltà e le culture del passato e farci comprendere chi siamo, quali grandi cose abbiano fatto i nostri antenati. Le problematiche di Pompei e Terzigno dopo sono figlie dei tagli del Ministero dei Beni Culturali che hanno proprio ucciso il settore dell’archeologia. Credo che mai come ora il problema di Pompei sia il dover impiegare i tanti soldi messi a disposizione per la tutela e la valorizzazione degli Scavi, ma prima di tutto andrebbero potenziate le infrastrutture perché il turismo è, mordi e fuggi. Mordi e fuggi perché il patrimonio dell’area vesuviana non è adeguatamente valorizzato. Cava Ranieri sarebbe l’attrattore turistico più importante dopo Pompei: quella che manca è una visione organica di sviluppo, d’insieme, ad esempio andrebbe migliorato il sistema di trasporti e viario ed elaborata l’offerta turistica. Se il lavoro sulla filiera fosse iniziato anni fa, il percorso che dalle civiltà del Sarno conduce a Pompei sarebbe tra i più interessanti al mondo, una sorta di cammino di Santiago. A Terzigno si minacciano querele perfino sul nome da dare all’ex macello che dovrebbe accogliere i reperti, figuriamoci da dove si parte: per impedire il crollo della tettoia su Villa 1, due anni fa, bastavano mille euro. Non è stato fatto nulla. Ben poco cambierà fin quando la politica non si affiderà alle risorse eccellenti del territorio senza fare discriminazioni: se espressioni come ”a chi appartieni” e “ 'a ro' vieni” conteranno ancora più delle azioni, delle capacità intellettive e del buon senso non ci sarà mai un’evoluzione. Occorre tanta ma proprio tanta apertura mentale da parte di tutti e darefiducia alle persone che meritano. Un patrimonio sepolto che preclude anche a una crescita economica e culturale del paese? Chiaro, è l’occasione più seria di sviluppo in un paese in cui l’imprenditoria è in crisi.Il circuito integrato Parco Vesuvio, Parco Archeologico e aziende enogastronomiche sono l’ancora di salvezza per Terzigno. Da quando vivo qui, parlo di turismo ma mi hanno sempre risposto che non bisogna ragionare sulle utopie. Ora si segue questa direzione. Sei anni fa proponevo già un itinerario terzignese sulle pagine di Terra e mi occupavo con l’Università di progetti per il reintegro delle specie animali autoctone per creare un nuovo attrattore culturale: mi supportavano unicamente le riviste specializzate in agricoltura e zootecnia. Terzigno ha tantissimo da offrire: forse il presidente del Parco Vesuvio non lo sa, io sì perché ho avuto l’ardire di percorrerlo più volte, ma dalla pineta c’è un sentiero che porta fino alla Valle dell’Inferno.Terzigno ha la più grossa fetta di Parco Nazionale del Vesuvio dopo Ottaviano. Che cosa vuol dire? Che qui va piazzata almeno una struttura ricettiva, che va migliorata la sentieristica, che c’è spazio per tanti progetti sull’ambiente. Si potrebbe, ad esempio, creare una struttura per il ricovero e l’accoglienza della fauna del Parco: bambini, adulti e scuole verrebbero a visitarla. Io avanzerei l’idea di un gemellaggio con Breslavia, capitale europea della cultura nella quale ho avuto la fortuna di vivere: apprendiamo come abbia fatto un paese povero, devastato dalla guerra e dilaniato dai regimi a divenire il gioiello che è ora. Mi fa sempre piacere scrivere queste cose perché so che i politici mi seguono con attenzione e “prendono spunto”: l’ultima interrogazione presentata su Cava Ranieri è un copia-incolla della mia petizione. Per me l’importante è che la politica faccia. Poi io a livello comunicativo, d’idee e come mediatore sono disponibile a dare il mio contributo. Lo sono sempre stato. Peccato per chi non l’ha capito. I cittadini come potrebbero tutelare questo patrimonio? Il patrimonio di Cava Ranieri va affidato ai cittadini perchè appartiene a loro: potrebbero badare a tenere pulito e curato il parco archeologico, segnalare problemi di varia natura, organizzare attività conoscitive, rassegne che coniughino arte, cultura e tradizioni, ovviamente dopo adeguati corsi di formazione. Scripta manent, il primo a mettersi a disposizione gratuitamente sarei io. Ci sono numerosissimi esempi di beni tutelati dalla collettività. Magari in questo modo aumenterebbe il rispetto per il proprio paese e si porrebbe un freno alla piaga dell’inquinamento che proprio nel quadrilatero di vie in cui ricade Cava Ranieri raggiunge picchi stratosferici. Il recupero della Cava è di vitale importanza per il paese: tutelarla significa tutelare se stessi.
Economia
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