Napoli, eccellenza nella cura dei tumori neuroendocrini: medici e pazienti a confronto

Giovedì, 16 Giugno 2016 10:58 Scritto da  Pubblicato in Salute Letto 1157 volte
Fare luce su tumori rari come i tumori neuroendocrini e dare un supporto ai pazienti, creando occasioni d’informazione e comunicazione tra di loro e con i medici: con questi obiettivi arriva a Napoli “Connettiamoci - Insieme per la cura”, campagna d’informazione promossa dalle Associazioni Pazienti, e sostenuta da Novartis Oncology, che toccherà numerose città italiane. Sabato 18 giugno, presso l’Hotel Montespina, nella Strada Provinciale S. Gennaro 2 a Napoli, l’Associazione Pazienti A.I.NET, gli specialisti del Centro di Oncologia Medica dell’Università Federico II e altre figure professionali del Centro si confronteranno con i pazienti ed i loro familiari in merito alla gestione ottimale di una malattia rara come i tumori neuroendocrini, famiglia di neoplasie che richiedono un approccio multidisciplinare. I tumori neuroendocrini (NET), un gruppo eterogeneo di tumori rari che ogni anno colpiscono circa 3.000 persone in Italia, attaccano le cellule del sistema neuroendocrino, specializzate nella produzione di ormoni e di neuropeptidi specifici. Le cellule da cui originano questi tumori sono presenti in numerosi organi e queste neoplasie possono quindi svilupparsi in qualsiasi distretto del nostro organismo anche se la maggioranza dei NET (circa il 60-70%) si presenta a livello del tratto gastro-entero-pancreatico. «Il Centro di eccellenza interospedaliero ENETS NET Napoli riunisce l’Unità del Federico II e degli altri tre Centri che fanno capo ai tre maggiori ospedali collinari napoletani (Istituto dei Tumori Pascale, Cardarelli e Azienda dei Colli): all’interno è presente un team di specialisti interamente dedicati alla diagnosi e alla cura dei pazienti con tumori neuroendocrini che segue al momento una media di 600 pazienti» dichiara Annamaria Colao, Professore Ordinario di Endocrinologia all’Università Federico II di Napoli. «Siamo convinti dell’importanza che riveste la sinergia tra mondo della medicina, della ricerca e le Associazioni pazienti, i soli a sapere quello di cui hanno veramente bisogno i malati e le famiglie. Solo dall’unione delle forze “competenze e bisogni” potremo davvero effettuare la rivoluzione in sanità». Nell’80% dei casi i NET non danno inizialmente sintomi e questi, quando presenti, sono aspecifici e non vengono subito riconosciuti: possono quindi rimanere a lungo silenti e il tumore viene spesso riscontrato quando è già nella fase metastatica, magari in corso di altri accertamenti medici. La diagnosi dei NET è quindi ostacolata dalla scarsa diffusione e dalla prevalente asintomaticità di questi tumori: per via della loro complessità, i tumori neuroendocrini rendono necessaria una conoscenza specifica e approfondita, esatte procedure nel percorso diagnostico-terapeutico e un approccio multidisciplinare che coinvolga più specialisti. Le strategie terapeutiche attualmente disponibili possono assicurare al paziente una buona sopravvivenza e qualità di vita, soprattutto se il tumore neuroendocrino è diagnosticato per tempo e se viene instaurata la terapia corretta. Oltre alla lenta evoluzione spontanea di molti NET, la prognosi dipende anche dalla risposta ai trattamenti. La prima opzione terapeutica è la Chirurgia, che in alcuni casi può essere risolutiva. L’altra è rappresentata dalla terapia farmacologica: il trattamento di scelta sono gli analoghi della somatostatina, che nelle forme ben differenziate, caratterizzate da una bassa attività proliferativa, offrono un vantaggio significativo di sopravvivenza, mentre nelle forme più aggressive si usano anche i trattamenti chemioterapici. Nuova frontiera nel trattamento farmacologico dei NET sono però i farmaci a bersaglio molecolare, in grado di migliorare la sopravvivenza nei pazienti con NET di origine pancreatica: in particolare, everolimus, raccomandato dalle Linee Guida internazionali per il trattamento dei tumori neuroendocrini di origine pancreatica in stadio avanzato, è l’unico farmaco indicato e rimborsato in Italia per la terapia dei pazienti con pNET (tumori neuroendocrini pancreatici). «Per trattare patologie rare e complesse come i tumori neuroendocrini è necessario lavorare con un team multidisciplinare, costituito da diverse figure che si dedicano al paziente, discutono i singoli casi e fanno scelte condivise sulle diverse opzioni terapeutiche oggi disponibili, che attualmente si sono ampliate. In tale contesto la figura del clinico si è evoluta negli ultimi anni, in particolare l’oncologo è parte integrante, insieme all’endocrinologo, di questa multidisciplinarietà che include altri specialisti come i chirurghi, gli anatomo-patologi, i medici nucleari e i radiologi», afferma la professoressa Colao. Anche alla luce delle nuove terapie disponibili, quindi, la condivisione delle informazioni tra medici, pazienti e familiari è fondamentale: la consapevolezza di essere affetti da un tumore “raro” offre ai pazienti modo di afferire a Centri di riferimento dove, grazie anche all’esperienza dei clinici e alla costante ricerca, si lavora per migliorare le terapie e il supporto umano e psicologico del paziente. «La partecipazione agli incontri “Connettiamoci - Insieme per la cura” – dichiara Adele Santini, Presidente di A.I.NET – è un importante risultato raggiunto dalla nostra Associazione, impegnata dal 2001, anno della sua nascita, sui fronti diversi ma correlati del sostegno alla ricerca scientifica, dell’assistenza ai malati e dell’impegno nella divulgazione. L’associazione ha sede legale in Umbria a Montefalco, ma opera su rete nazionale grazie alla creazione di sezioni regionali che diventano punto di riferimento per i pazienti delle rispettive zone d’Italia. La sezione della Campania-Calabria è nata nel 2012 proprio con l’organizzazione di un convegno divulgativo che replichiamo il 18 giugno, grazie alla collaborazione con Novartis, realizzando un nuovo momento di importante incontro e confronto tra medici specialisti e pazienti». Dalla conoscenza, quindi, si deve passare all’azione e soprattutto alla partecipazione: la scarsa informazione e la rarità di punti di riferimento specializzati, al pari della difficoltà a trovare persone con cui condividere la stessa esperienza, rendono infatti più arduo il percorso terapeutico.