Il black lives matter e lo sport sono un binomio possibile ? Negli ultimi tempi, gli appassionati di sport, stanno assistendo ad un gesto molto eloquente (per alcuni provocatorio), effettuato in prossimità di eventi sportivi, quello di inginocchiarsi (accompagnato talvolta dal pugno chiuso). Ma perché questo gesto ? Da dove nasce? Come ha fatto a penetrare negli stadi di tutto il mondo ed in ogni sport ? Ma soprattutto , cosa vuol dire black lives matter ? E’ necessario, partire dal principio per capire cosa sia successo nel mondo di così importante (e grave), da generare un effetto domino così forte. Tutto ha avuto inizio, nel lontano (ma non troppo) 2013, quando negli Stati Uniti, George Zimmerman (cittadino americano), è stato assolto dall’accusa di omicidio nei riguardi di Trayvon Martin (17enne afroamericano, ucciso per futili sospetti). Ciò ha generato una forte protesta , partita dai social (attraverso l’hashtag, black lives matter, cioè le vite dei neri contano) e proseguita nelle strade, contro le violenze commesse (spesso da parte delle forze dell’ordine) a danno delle persone di colore. Proteste che si sono susseguite negli anni e che hanno avuto il loro apice, con la morte di George Floyd (ucciso da agenti di polizia). La morte di Floyd, ha rappresentato un vero e proprio punto di non ritorno, in quanto il suo grido di dolore (i can’t breathe, io non posso respirare), ha avuto un eco così forte , da farsi sentire negli stadi di tutto il mondo, mettendo gli atleti nelle condizioni di inginocchiarsi, per sensibilizzare la gravità di quanto accaduto. In realtà, scorrendo gli annali della storia sportiva, notiamo che quanto sta avvenendo, rappresenta un qualcosa che è già successo e che si ripropone in modo nuovo. Ad esempio, nelle olimpiadi in Messico del 1968, i 2 atleti americani, Tommy Smith e John Carlos (vincitori, rispettivamente, della medaglia d’oro e bronzo nei 200 metri piani), alzarono un pugno al cielo, indossando un guanto nero (era il periodo in cui si lottava per i diritti civili degli afro-americani). Ma è giusto inginocchiarsi ? Su questo punto ci sono diverse posizioni: da un lato, c’è chi ritiene che ciò sia una strumentalizzazione ( qualcuno l’ha definita una moda) che nulla c’entra con lo sport, volta ad ottenere consenso tra il pubblico e con rischio di fomentare ancor di più odio ; dall’altro, chi ritiene che quanto avvenga sia un atto dovuto, in quanto lo sport deve essere non solo spettacolo, ma anche promotore di iniziative sociali (quale migliore occasione, se non quella di una partita di calcio o una gara di NBA in cui ci sono persone negli stadi e riflettori accesi dei mezzi d’informazione?). Ad esempio, nell’ odierno campionato europeo di calcio, diversi sono gli atteggiamenti delle squadre (o addirittura, all’interno di esse).Ci sono squadre come l’Italia, che lasciano ai loro atleti , libertà di decidere secondo coscienza (anche se in queste ore, in vista della gara con il Belgio, si parla di aderire all’iniziativa a condizione di reciprocità, cioè a condizione che il Belgio faccia lo stesso), altre come l’Inghilterra che lo fanno sempre (a prescindere dall’azione dell’avversario). E dunque, come comportarsi? Quale valore seguire ? Inginocchiarsi o no (con il rischio molto probabile di essere accusati di indifferenza e di razzismo implicito)? Sicuramente inginocchiarsi (gesto da svolgere con sincerità e non con riserva mentale o per conformismo sociale, altrimenti meglio l’opposto!!), è il primo passo da compiere nella marcia che conduce all’eguaglianza dei diritti, ma è necessario che ci sia un cambio di mentalità nelle azioni quotidiane (anche attraverso la politica, la quale può e deve avere, una funzione pedagogica!!). Questo è l’unico modo, affinchè l’urlo di Floyd (i cant’t breathe, io non posso respirare), non sia coperto dalla mano dell’indifferenza.
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