La "solita" Italia anti napoletana In evidenza

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L’Italia, che pochi giorni fa si dice abbia compiuto 154 anni di vita, è una nazione strana. Per la verità, che sia mai stata una nazione si nutrono tanti e ragionevoli dubbi. Che sia strana, non si discute. A cominciare dal fatto che della sua presunta data di nascita, ad appena 4 anni dalle retoriche delle celebrazioni per l’anno pari numero 150, non se ne ricorda più nessuno. In effetti, il 17 marzo di 154 anni fa forse non si creò una nazione ma se ne fece semplicemente morire un’altra, secolare, indipendente e forte. Di quello stato, Napoli era Capitale. Di questo stato, Napoli è capro espiatorio. E il calcio non fa eccezione. E’ di nemmeno un anno fa l’esempio della finale di coppa Italia, allorquando i napoletani da vittime indiscusse diventarono carnefici. Il 3 maggio del 2014, mentre un giovane tifoso napoletano da qualche ora aveva iniziato, suo malgrado, uno straziante percorso che lo avrebbe portato a prematura morte, le telecamere nazionali si concentrarono su un capotifoso issatosi sulla balaustra a parlare con il capitano Hamsik. Aveva lo sguardo truce, una maglietta discutibile, ma soprattutto un soprannome troppo invitante per non essere buttato in pasto all’italiano medio. Gennaro De Tommaso, al secolo Genny ‘a Carogna, quella sera diventò il colpevole di tutto. Dell’assassino di Ciro Esposito, poche righe. Le prime pagine se le beccò tutte Genny, reo di aver chiesto lumi al capitano della sua squadra. E’ accaduta la stessa cosa di recente, nello stesso stadio, con gli ultras della Roma a duro confronto con la loro squadra in crisi e non se n’è fregato niente nessuno. La solita Italia. Napoletani da vittime a carnefici. E’ successo spesso, succederà ancora. A tal proposito, e sempre in tema di anniversari, forse è il caso di ricordare un episodio ancora vivo nella mente degli sportivi della penisola. Il prossimo 8 aprile saranno passati esattamente 25 anni, ma sembra ieri, talmente se n’è parlato: la monetina di Alemao, campionato di calcio 1989/90, appassionante testa a testa per lo scudetto tra Napoli e Milan. Quel giorno, 8 aprile 1990, i rossoneri giocavano a Bologna mentre gli azzurri a Bergamo. Entrambe le partite erano ferme sullo 0-0, la situazione sarebbe rimasta invariata, con una giornata in meno da giocare e Milan avanti di un punto. Nei minuti finali, due episodi stravolsero la domenica calcistica. A Bologna, Marronaro aveva sorpreso Pazzagli con un tocco sporco da pochi metri. Il pallone aveva nettamente varcato la linea di porta ma l’arbitro Lanese non se ne avvide. Geniale, come sempre, lo striscione dei tifosi partenopei dedicato, la settimana dopo, al direttore di gara che non aveva visto il gol: “cercasi (mi)Lanese cieco”. Il gol di Marronaro non fu quindi convalidato, ma nessuno lo ricorda. A Bergamo, invece, i tifosi locali iniziarono a lanciare in campo una serie di oggetti contundenti contro i giocatori del Napoli. Uno di questi, una monetina da 100 lire, colpì alla testa il brasiliano Alemao. L’episodio fu chiaramente ripreso dalle telecamere della Rai. Non era quella la prima partita ad essere decisa a tavolino per episodi del genere, fu piuttosto l’ultima, in quanto poi Berlusconi pretese ed ottenne il cambiamento della regola. Ma in quel momento, vigeva quella regola precisa che venne applicata alla lettera. Il Napoli si vide assegnare la vittoria a tavolino in maniera assolutamente legittima e agganciò il Milan in vetta alla classifica. Il clamore mediatico che ne seguì fu tanto rumoroso quanto, oggettivamente, vergognoso. Con la vittoria a tavolino Napoli e il Napoli, per la stampa italiana, divennero automaticamente colpevoli e non vittime. Colpevoli di cosa? Di aver approfittato di una legge in vigore per vincere uno scudetto. Poco importa che la legge fosse quella e che il Napoli aveva tutto il diritto a fare reclamo. Lo scudetto (tra l’altro ancora tutt’altro che vinto) andava ai “furbi”. Nessuno si degnò di stigmatizzare il reiterato lancio di oggetti in campo da parte degli atalantini: i colpevoli erano i napoletani. Tutto questo 25 anni fa, ma potrebbe essere tranquillamente notizia di oggi o di domani, cambia poco. Poco importa se ci sono regole, poco importa se i violenti sono altri. I colpevoli sono napoletani. La solita Italia.