C come…tante cose. Numerosi vocaboli iniziano con la terza lettera dell’alfabeto, in settimana se ne sono accorti in parecchi. Ad esempio, C come…”fortuna”. In realtà la parola giusta è un’altra. Ma il discorso non cambia, il guardalinee di Juventus-Milan è andato a…fortuna. A scanso di equivoci, il gol di Tevez è regolare. E per fugare altrettanti supposizioni, è talmente evidente il divario tecnico attuale tra le due squadre che non si può oggettivamente capire come la formazione di Allegri avrebbe potuto non vincere quella partita. Juve che avrebbe vinto comunque: una frase letta ed ascoltata svariate volte, al punto da essere diventata retorica. Ma, nella circostanza, è vero. Come è vero che il guardalinee mai avrebbe potuto valutare correttamente l’azione a velocità normale. Ha avuto…fortuna. E allora C come quella parola lì, ma anche C come “centimetri”. E su quelli, si rassegni Galliani, hanno (quasi) sempre ragione loro. A torto o a ragione, quando il metro di giudizio è al limite, la decisione spesso, quasi sempre, favorisce la Juve. E allora C come “ci può stare”, frase abilmente coniata da un allenatore spagnolo in una circostanza analoga. E’ inutile starci troppo a pensare, sulle situazioni al limite la Juve è fortunata. Ma Galliani, nella settimana delle polemiche meno opportune della storia del calcio italiano, ha usato un’altra parola. C come “censura”. Secondo il dirigente milanista, le immagini televisive delle partite in casa della Juve vengono prodotte dalla stessa società bianconera, che decide autonomamente cosa mostrare e cosa no. Censura televisiva, dunque, in piena regola. Una frase che ha fatto arrabbiare in tanti. Ma anche una frase che ognuno potrebbe divertirsi ad interpretare. Ci starebbe bene, ad esempio, un piccolo e simpatico gioco di memoria. E’ il 20 marzo 1991, allo stadio Velodrome di Marsiglia si disputa la partita di ritorno dei quarti di finale di Coppa dei Campioni tra Olimpique Marsiglia e Milan. I rossoneri hanno vinto le ultime due edizioni della manifestazione ma il risultato dell’andata ha sorriso ai francesi: 1-1 a San Siro. Lo 0-0 qualificherebbe l’OM. Le immagini della partita sono affidare a Mediaset, che allora si chiamava ancora Fininvest. La sfida è equilibrata, si fanno preferire i padroni di casa anche se i commentatori italiani si guardano bene dal dirlo. La doccia fredda arriva al minuto 75: cross di Abedì Pelè, Papin allunga il pallone di testa, Waddle calcia in diagonale e batte Sebastiano Rossi. L’OM sta vincendo 1-0, il grande Milan di Sacchi ma soprattutto Berlusconi sta abdicando al trono d’Europa. I giochi sono praticamente fatti quando, nel corso del primo minuto di recupero, uno dei riflettori del vetusto stadio francese cessa di funzionare. Quello che ne segue è un monumento all’antisportività. I milanisti non vogliono riprendere il gioco, anche quando, dopo pochi minuti, il riflettore riprende a funzionare, prima solo parzialmente poi completamente. Per l’arbitro la partita può riprendere, per i rossoneri no. Ad un certo punto compare un uomo in impermeabile bianco: è Adriano Galliani, che ad ampi gesti delle mani richiama i calciatori. Ha deciso che la sua squadra abbandona la partita. Risultato: sconfitta a tavolino vergognosa e squalifica per un anno al Milan, escluso da tutte le manifestazioni europee. La domanda, a proposito di censura televisiva, è molto semplice: quante volte sugli schermi Mediaset, in questi 24 anni, abbiamo avuto modo di rivedere la sagoma agitata di Galliani in impermeabile bianco che ritira la squadra a Marsiglia? Poche, pochissime o mai? Chissà come sarebbe andata se quella notte a Marsiglia fosse stata di scena qualche altra squadra e se il protagonista fosse stato qualche altro dirigente. Chissà se oggi sarebbe ancora dirigente, quel fantomatico protagonista di qualche altra squadra. Ci potrebbe allora stare bene anche un C come “chi la fa l’aspetti”. Ma forse il telespettatore italiano aspetta, da troppo tempo, un’altra parola: C come “calcio” e basta. Senza polemiche, veleni, censure e sospetti. Forse, però, c’è ancora tanto da aspettare.
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