Attualità
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Caivano, l'Esercito porta in piazza i campioni dello sport
Caivano. In occasione della giornata nazionale dello Sport l’Esercito Italiano ha organizzato ...
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- Caivano, l'Esercito in campo nella giornata dello sport
- Campania: nel 2023 raccolta differenziata di carta e cartone in crescita del 4,5%
- Roghi sul Vesuvio, l'Ente Parco implementa l'attività di prevenzione
- Cittadinanza onoraria al Maresciallo Inverso, una idea che piace a tanti
- Commercio, in crescita il traffico all'interporto di Nola
Blitz della Finanza sequestrato opificio a San Giuseppe Vesuviano
Giovedì, 26 Marzo 2015 11:14 Scritto da Genny GalantuomoBlitz della Guardia di Finanza questa mattina nell'area vesuviana. Le Fiamme Gialle hanno controllato un opificio per la produzione di camicie, polo, giubbini e accessori con marchi falsi, come Burberry, Adidas, Fred Perry, K-way, Blauer, Harmont&Blaine, Dsquared e Ralph Lauren. Al termine dei controlli la fabbrica è stato posta sotto sequestrato dalla Guardia di Finanza a San Giuseppe Vesuviano.
L'attività di prevenzione per il contrasto delle attività illecite ha portato la Gdf a sequestrare a Napoli un deposito clandestino di articoli di pelletteria con 15.000 borse da viaggio con il falso marchio Armani e, in due ditte di spedizioni, due plichi con 102 orologi con i falsi marchi Rolex e IWC.
Potenza, è talmente bravo che si assegna un premio di 8 mila euro
Martedì, 24 Marzo 2015 15:07 Scritto da Vincenzo MarcheseSono tanti i tagli che sono stati imposti alla spesa pubblica da parte della politica a causa della perdurante crisi economica. Trattasi spesso di tagli che vanno a toccare non sempre servizi superflui o marginali, ma in alcuni casi anche basilari come l'istruzione pubblica e la sanità. Ora, senza avviare una sterile discussione "populistica", ci si aspetta che anche i politici diano il buon esempio, magari dimezzandosi gli stipendi e rinunciando in buona parte ai famigerati "rimborsi spesa". C'è chi si mostra propenso a tale richiesta, chi invece reagisce con un netto diniego. Ed ecco così che all'interno degli organi e degli enti comunali, regionali o nazionali del Bel Paese le "tendenze finanziarie" non sempre siano esattamente in linea con quelle che riguardano la gestione generale della spesa pubblica. Non è raro apprendere dai media di politici che, oltre allo stipendio ordinario, continuano a ricevere benefit e rimborsi spesa considerevoli. Tuttavia, quello che è accaduto di recente a Potenza, ha lasciato l'opinione pubblica maggiormente attonita. Il dirigente dell'unità "Organizzazione delle risorse umane" del Comune di Potenza, Giovanni Moscatiello, è infatti passato agli onori della cronaca per aver ricevuto, mediante una delibera firmata dal segretario generale del Comune medesimo, un "premio di produzione" di 8.882,42 euro per l'operato svolto nell'anno 2014, con un'eccellente valutazione del 100% . C'è però una particolare anomalia: colui che ha ricevuto la succitata somma pecuniaria, ossia il dirigente, che colui che ha valutato e "premiato" quest'ultimo, ossia il segretario, sono identificati dalla medesima persona. Così, il "duplice funzionario", seguendo un criterio meramente arbitrario, ha ritenuto che l'operato da egli stesso espletato nell'anno precedente sia stato ottimale e meritevole di un adeguato compenso pecuniario, attinto dai fondi pubblici naturalmente. Veementi sono state le reazioni di alcuni consiglieri comunali e dei sindacati, i quali non hanno gradito questa individualistica gestione dei fondi comunali e quest'atteggiamento "autoreferenziale" del segretario. Tuttavia, stando alle attuali disposizioni legislative, il funzionario in questione non avrebbe compiuto alcuna anomalia , in quanto questo tipo di rimborsi premio sono previsti dai vigenti decreti ed anche perché, stando alle disposizioni del Capoluogo Lucano, sono ammessi duplici incarichi per un singolo funzionario. Evitando ogni forma di giudizio etico questa vicenda sembra paradossale, anche perchè molti dipendenti del Comune potentino, i quali sono in genere esentati da ogni forma di retribuzione premio, stando ad alcune indiscrezioni, sarebbero ancora in attesa di ricevere le retribuzioni ordinarie dei mesi precedenti.
Papa Francesco a Pompei, gioia e lacrime tra i fedeli
Sabato, 21 Marzo 2015 15:02 Scritto da Genny GalantuomoSono le 07.54 quando sul display del cellulare compare il messaggio “è atterrato”. Inizia da qui la visita di Papa Francesco a Pompei, ma la nostra giornata per la verità, era iniziata molto prima per arrivare in orario nella città mariana. Partiamo alle 5.40 dalle falde del Vesuvio e non appena imbocchiamo la via Nolana ci imbattiamo nel primo blocco. I vigili urbani selezionano auto autorizzate, tante persone si avviano a piedi verso il Santuario. Superato il primo controllo, ne affrontiamo un altro, a poche centinaia di metri dalla chiesa di San Salvatore. Ancora una volta i vigili urbani a fare da selezionatori. Lasciamo l’auto e ci avviamo ad entrare nel santuario. Stavolta il controllo è accurato, minuzioso: metal detector alla mano i poliziotti ci ispezionano borse e zaini nei quali naturalmente poniamo solo i ferri del mestiere, la potente Nikon e i mega obiettivi del fotografo Raffaele il mio pc con qualche cavetto multifunzione, nulla più. Superato il varco, ci separiamo il fotografo Raffaele (alla sua prima uscita per “il Vesuviano”) si avvia nell’area di atterraggio dell’elicottero papalino (non vogliamo perdere l’occasione per immortalare Sua Santità al suo primo approccio con la città mariana) mentre io vengo invitato ad entrare nel Santuario. C’è già tanta gente nonostante l’orario, una delle tante addette alla sorveglianza legge la scritta sul mio badge “stampa” e mi inviata a prendere posto nell’area riservata ai giornalisti e fotografi accreditati. L’attesa è lunga, sono appena le sei e dieci in tanti si chiedono come sarà vedere il Papa da vicino. Bambini assonnati vengono strappati dalle madri dal caldo delle coperte per assistere all’evento. Per una benedizione del Papa vale una levataccia e qualche sacrificio e poi, per questo Papa così amato, forse ancor di più di Giovanni Paolo II, si fa questo ed altro- sorride una signora al proprio figlioletto- mentre il vescovo di Pompei inizia a recitare il rosario con i tanti fedeli che prendono posto tra i banchi. C’è l’area riservata agli ospiti, ai malati, agli anziani ed ai bisognosi. Gli androni laterali del Santuario vengono lasciati liberi e vuoti. Penso che sia un peccato viste le tante persone fuori…ma i protocolli della sicurezza sono inflessibili e ce ne siamo accorti stamattina. Inizia l’attesa lenta tra un mistero e l’altro a stento si riesce a tenere il capo chino, la bellezza del luogo spinge in tanti a mirare lo splendore della cupola e le immagini sacre dipinte dall’Arzuffi. Prendono posto le autorità: il sindaco di Pompei, visibilmente emozionato, mentre gli addetti alla sicurezza (tantissimi) iniziano a distribuire opuscoli per il momento di preghiera che il Santo Padre farà dinnanzi al quadro della Beata Vergine. Sono le 7.30 il Vescovo di Pompei Tommaso Caputo, benché sia ancora in corso la recita del rosario, lascia la sua postazione accompagnato dal primo cittadino di Pompei. E’ il segnale che l’elicottero che accompagnerà il Papa è prossimo all’atterraggio. E così sarà. Alle 07.54 l’atterraggio avviene nel piazzale esterno alle spalle del Santuario. Iniziano a partire i flash dei fotografi, dalla folla si alza il primo grido quando la sagoma bianca di Papa Francesco compare dall’elicottero: “W il Papa” ed un applauso caloroso accompagna la papa mobile (stavolta in verde militare) fino alla piazza del Santuario dove ad attenderlo ci sono migliaia di persone. Dopo il rituale percorso in jeep, Papa Francesco entra nel Santuario. L’emozione è tanta e chiunque sia in questo posto per scrivere o scattare foto ha un attimo di esitazione, l’emozione si percepisce negli sguardi smarriti di tanti. L’immagine di quest’uomo emana suggestione, purezza, gioia. Si sente la grandezza di una figura carismatica che sta cambiando il verso della Chiesa cattolica e del mondo. E’ sorridente come sempre Sua Santità si lascia abbracciare, stringere la mano ed accoglie i bambini tra le proprie braccia, proprio come nel credo cristiano, si avvicina lentamente all’altare, ma prima di salire i tre gradini trova ancora il tempo di stringere le mani a delle persone anziane posizionate sulla sua sinistra. Finalmente, arriva il momento atteso ed auspicato da tanti: pregare insieme al Papa dinnanzi all’immagine della Madonna di Pompei. La “piccola supplica” che il Papa recita con i fedeli è breve ma intensa. Commuove, la semplicità di quest’uomo semplice e predicatore. Si vedono tanti occhi lucidi e speranzosi, tanti malati in carrozzina affidano alle intenzioni del Santo Padre le proprie speranze: “…a te ci affidiamo, Madre di misericordia: ottienici il perdono di Dio, aiutaci a costruire un mondo secondo il tuo cuore. O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci annoda a Dio, catena d’amore che ci fa fratelli, noi non ti lasceremo mai più. Nelle nostre mani sarai arma di pace e di perdono, stella del nostro cammino…” Parole di valore assoluto recitate dal Papa al cospetto del quadro sacro della Beata Vergine. E poi un saluto ai presenti. Ancora strette di mano ed un dono per la Madonna, un rosario di perle e preziosi per adornare l’immagine sacra a perenne ricordo di questa visita. Breve, forse troppo poco il tempo trascorso a Pompei ma Napoli attende Francesco ed allora mentre Bergoglio lascia il Santuario stringendo ancora una volta le tantissime mani levate, si registrano scene più da stadio che da Santuario. Fedeli in piedi sulle panche per rubare un’immagine o per inviare un saluto personale a questo Papa “a portata di mano” in cui, in tanti, rivedono il vero cammino cristiano di sacrifici e carità. Francesco saluta Pompei con una benedizione ai fedeli in piazza pochi minuti dopo il suo arrivo. Era un saluto doveroso da parte del Pontefice al luogo di culto più frequentato in Campania, la sua visita come è stato per quelle dei suoi predecessori, segnerà un momento importante nella storia della cittadina mariana. Una dolce malinconia parvade gli animi quasi a non volersi privare di quella voce così sicura e capace di infondere gioia con una semplice battuta. La gente lo acclama a voce alta nella speranza che questa visita segni l’inizio della rinascita per tutta la valle di Pompei.
L’Italia, che pochi giorni fa si dice abbia compiuto 154 anni di vita, è una nazione strana. Per la verità, che sia mai stata una nazione si nutrono tanti e ragionevoli dubbi. Che sia strana, non si discute. A cominciare dal fatto che della sua presunta data di nascita, ad appena 4 anni dalle retoriche delle celebrazioni per l’anno pari numero 150, non se ne ricorda più nessuno. In effetti, il 17 marzo di 154 anni fa forse non si creò una nazione ma se ne fece semplicemente morire un’altra, secolare, indipendente e forte. Di quello stato, Napoli era Capitale. Di questo stato, Napoli è capro espiatorio. E il calcio non fa eccezione. E’ di nemmeno un anno fa l’esempio della finale di coppa Italia, allorquando i napoletani da vittime indiscusse diventarono carnefici. Il 3 maggio del 2014, mentre un giovane tifoso napoletano da qualche ora aveva iniziato, suo malgrado, uno straziante percorso che lo avrebbe portato a prematura morte, le telecamere nazionali si concentrarono su un capotifoso issatosi sulla balaustra a parlare con il capitano Hamsik. Aveva lo sguardo truce, una maglietta discutibile, ma soprattutto un soprannome troppo invitante per non essere buttato in pasto all’italiano medio. Gennaro De Tommaso, al secolo Genny ‘a Carogna, quella sera diventò il colpevole di tutto. Dell’assassino di Ciro Esposito, poche righe. Le prime pagine se le beccò tutte Genny, reo di aver chiesto lumi al capitano della sua squadra. E’ accaduta la stessa cosa di recente, nello stesso stadio, con gli ultras della Roma a duro confronto con la loro squadra in crisi e non se n’è fregato niente nessuno. La solita Italia. Napoletani da vittime a carnefici. E’ successo spesso, succederà ancora. A tal proposito, e sempre in tema di anniversari, forse è il caso di ricordare un episodio ancora vivo nella mente degli sportivi della penisola. Il prossimo 8 aprile saranno passati esattamente 25 anni, ma sembra ieri, talmente se n’è parlato: la monetina di Alemao, campionato di calcio 1989/90, appassionante testa a testa per lo scudetto tra Napoli e Milan. Quel giorno, 8 aprile 1990, i rossoneri giocavano a Bologna mentre gli azzurri a Bergamo. Entrambe le partite erano ferme sullo 0-0, la situazione sarebbe rimasta invariata, con una giornata in meno da giocare e Milan avanti di un punto. Nei minuti finali, due episodi stravolsero la domenica calcistica. A Bologna, Marronaro aveva sorpreso Pazzagli con un tocco sporco da pochi metri. Il pallone aveva nettamente varcato la linea di porta ma l’arbitro Lanese non se ne avvide. Geniale, come sempre, lo striscione dei tifosi partenopei dedicato, la settimana dopo, al direttore di gara che non aveva visto il gol: “cercasi (mi)Lanese cieco”. Il gol di Marronaro non fu quindi convalidato, ma nessuno lo ricorda. A Bergamo, invece, i tifosi locali iniziarono a lanciare in campo una serie di oggetti contundenti contro i giocatori del Napoli. Uno di questi, una monetina da 100 lire, colpì alla testa il brasiliano Alemao. L’episodio fu chiaramente ripreso dalle telecamere della Rai. Non era quella la prima partita ad essere decisa a tavolino per episodi del genere, fu piuttosto l’ultima, in quanto poi Berlusconi pretese ed ottenne il cambiamento della regola. Ma in quel momento, vigeva quella regola precisa che venne applicata alla lettera. Il Napoli si vide assegnare la vittoria a tavolino in maniera assolutamente legittima e agganciò il Milan in vetta alla classifica. Il clamore mediatico che ne seguì fu tanto rumoroso quanto, oggettivamente, vergognoso. Con la vittoria a tavolino Napoli e il Napoli, per la stampa italiana, divennero automaticamente colpevoli e non vittime. Colpevoli di cosa? Di aver approfittato di una legge in vigore per vincere uno scudetto. Poco importa che la legge fosse quella e che il Napoli aveva tutto il diritto a fare reclamo. Lo scudetto (tra l’altro ancora tutt’altro che vinto) andava ai “furbi”. Nessuno si degnò di stigmatizzare il reiterato lancio di oggetti in campo da parte degli atalantini: i colpevoli erano i napoletani. Tutto questo 25 anni fa, ma potrebbe essere tranquillamente notizia di oggi o di domani, cambia poco. Poco importa se ci sono regole, poco importa se i violenti sono altri. I colpevoli sono napoletani. La solita Italia.
Stanco:"spetta agli enti locali valorizzare il patrimonio territoriale"
Martedì, 10 Marzo 2015 21:19 Scritto da Redazione(Francesco Servino) In una intensa mattinata archeologica ho incontrato il dottor Enrico Angelo Stanco, il nuovo funzionario della Soprintendenza di Napoli (da poco accorpata a quella di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta)responsabile di Nola e Cimitile, intrattenendo con lui un’interessante chiacchierata che ha toccato diversi aspetti che interessano da vicino l’entroterra vesuviano. Nola viene da un annus horribilis per quanto riguarda l’archeologia, con il reinterro della cosiddetta “Pompei della Preistoria”, il sito dell’età del bronzo ritrovato al confine con Saviano, in località Croce del Papa. “E’ un problema di falda idrica” mi spiega subito il dottor Stanco: “la fruizione sociale dei siti è sicuramente un obbligo, ma un obbligo è pure preservare. Con i tecnici valuteremo la soluzione migliore che potrebbe consistere in grandi pompe sempre attive. Sono fiducioso, nel giro di dieci anni si potrà giungere alla riapertura. Aprire il sito adesso, nelle condizioni in cui si trova, significherebbe non farlo durare nel tempo”. Nel Dicembre 2012 una straordinaria mostra con i reperti provenienti da Nola e Poggiomarino è stata allestita a Madrid eppure, in Italia, tante vestigia sono condannate all’oblio. A Poggiomarino, dopo tanti sforzi della cittadinanza attiva per tenere aperto il sito di Longola, l’amministrazione ha presentato un progetto che prevede aree concerto e campi di pomodoro ma che poco ha a che vedere con l’archeologia. A Terzigno la situazione di cava Ranieri si può tranquillamente definire “clamorosa”, volendo usare un eufemismo, ma il discorso potrebbe essere allargato a Pompei che non ha un museo in grado di ospitare i tanti reperti depositati nei magazzini Per il dottor Stanco è sicuramente un problema di mancanza di fondi che lo Stato non mette a disposizione: “spetta agli enti locali, ai comuni e alle Regioni” mi spiega “farsi carico del proprio patrimonio, è questa la direzione verso la quale stiamo andando: la soprintendenza mette a disposizione i propri mezzi e le proprie competenze. Non si può fare nulla senza opportuni finanziamenti e comunque non bisogna trascurare l’aspetto della sicurezza: tutto deve essere fatto a norma. La questione dei musei territoriali è molto legata alla sensibilità dei comuni. Secondo me il compito della valorizzazione spetta alle Regioni e la tutela allo Stato, una procedura che a un certo punto pareva essersi quasi interrotta. Siamo in una fase di riforme per quanto riguarda il MiBACT che consiste nell’individuare “grandi musei” e “poli museali” e bisogna pertanto capire come continuare a operare. Con una carenza di mezzi e personale è divenuto difficile tenere sotto controllo ogni singolo aspetto gestionale. Le strutture che si occupano del territorio sono quindi sempre meno o sono diventate strutture “zoppe”: è difficile ripartirsi tra musei e territorio, non so fino a quando sarà possibile. Quanto al museo di Nola, è sicuramente una realtà da tenere in considerazione”. Il dottor Stanco, persona molto attiva e preparata, condivide pienamente il concetto di archeologia come bene comune da mettere a disposizione dei cittadini, ovviamente con le dovute cautele: “E’ il modo che hanno i cittadini di riscoprire le proprie radici e fortificare il senso di appartenenza con il territorio, con tutto ciò che ne consegue sul piano del rispetto della cosa pubblica”. Ma da dove occorre partire? “Bella domanda. Sicuramente dalle scuole. Occorre una radicale riforma delle scuole, lo studio della storia non va trascurato. E’ nelle scuole che si educano le nuove generazioni. Una volta i musei locali erano un punto di riferimento importante, le scolaresche vi si recavano per apprendere. Mi permetta anche di dire che nell’era dei mass media e della digitalizzazione un compito importante lo sta ricoprendo Alberto Angela con il suo ruolo di divulgatore. E una direzione interessante l’ha presa anche il MAV, il museo archeologico virtuale di Ercolano, col suo percorso di informatizzazione. Viviamo in un’epoca caratterizzata da una mancanza di punti di riferimento e da una mancanza di fiducia, per questo viene meno anche l’interesse nei confronti della storia e dell’archeologia. Eppure il loro studio è importante perché la Storia è maestra di vita, e ci aiuta a non compiere gli stessi errori del passato, e l’archeologia rappresenta la cultura territoriale, la ricerca della propria identità, lo studio di come eravamo in passato per capire come siamo oggi, per capire in che modo sono evolute tradizioni e cultura di un popolo. Ho il timore che sia in atto un tentativo di cancellare la Storia, e in questo modo anche il presente e il futuro”. La recente strada delle riforme intrapresa dal Governo Renzi e la legge spending review del Governo Monti hanno portato, per ora, a tagli alla cultura che hanno decretato il trasferimento della sede della soprintendenza di Napoli a Salerno per l’accorpamento alla locale direzione e a quella di Avellino, Benevento e Caserta. Una politica dei tagli che sempre e solo va a colpire il patrimonio culturale che non va visto, secondo il dottor Stanco, come un limone da spremere ma come un’occasione di crescita e una risorsa da valorizzare.