Terzigno bistrattata, Terzigno criticata, Terzigno denigrata. Troppe volte il piccolo paese vesuviano è dovuto incappare in insulti e critiche di ogni genere a causa delle sue numerose e ripetute mancanze, ma c’è un motivo d’orgoglio che ormai da tre anni fa sì che la cittadella vesuviana possa prendersi la sua giusta e meritata ricompensa e riscattarsi dinanzi al Paese intero: si tratta della Vis Terzigno e del suo team di volley che anche quest’anno parteciperà alle finali nazionali del torneo organizzato dalla Polisportiva Giovanile Salesiana. Dopo le positivissime apparizioni dei due anni precedenti ad Alassio, quest’anno la compagine terzignese si recherà in quel di Lignano Sabbiadoro nel mese di Maggio per riuscire a dimostrare ancora una volta che sotto il Vesuvio c’è qualcosa di buono e si chiama Vis Terzigno. Le attività che coinvolgono il movimento salesiano, però, non si fermano qui, ma sono diverse e, nonostante gli esigui mezzi economici a disposizione, da quest’anno si sono moltiplicate. Per la prima volta, infatti, si è dato vita a ben due squadre di calcio per le categorie Under 15 ed Esordienti, oltre alle ormai consolidate realtà delle squadre di Volley con la già citata Libera Mista, la Libera Femminile e l’Under 16. Gran parte del merito dell’eccellente organizzazione del mondo salesiano terzignese va data ad Antonio Auricchio, responsabile del movimento, che da buon cittadino nostrano cresciuto all’interno dell’oratorio, ha sempre lavorato per il suo miglioramento e per potenziarne le possibilità espressive. Naturalmente andrebbero citate le altre decine tra ragazzi e ragazze che, da sempre, danno il loro contributo per trasformare questo piccolo sogno in una grande realtà, ormai riconosciuta ed apprezzata da più parti. Questo piccolo spazio salesiano, ormai, sembra essere tornato ai fasti degli anni addietro e ha riconquistato la leadership per quanto concerne l’aggregazione giovanile. Ogni giorno tanti bambini ed adolescenti si recano all’interno della struttura e possono trovare un luogo sicuro e sano all’interno del quale giocare, divertirsi e crescere. Ma la vita salesiana non riguarda solo i bambini: a breve, infatti, andrà in scena il terzo torneo pallavolistico dedicato all’indimenticabile ‘Suor Rosaria’, evento atteso da gran parte della popolazione perché casca come una goccia d’acqua in mezzo ad un deserto di nulla. In tanti attendono il loro momento per potersi mettere in gioco o, semplicemente, per ricordarsi che anche a Terzigno basta poco per sentirsi vivi davvero. Insomma, il mondo salesiano ha tanto da offrire a Terzigno e Terzigno ha tanta voglia di sfruttare questa occasione. Dal Vesuvio a Lignano Sabbiadoro, dalla propria poltrona alla rete, da un silenzio assordante al rumore della gioia dello stare insieme. C’è solo da alzarsi e partecipare.
La terza edizione di The Voice of Italy è iniziata ed ha già catalizzato milioni di telespettatori. Quest’anno si è fatta un bel lifting inserendo tra i giudici, oltre ai veterani Noemi, Piero Pelù e J-Ax, il duo padre-figlio Roby e Francesco Facchinetti. Una scelta azzeccata, se si tiene conto del fatto che Roby, frontman del mitico gruppo dei Pooh, sia una leggenda vivente e che suo figlio Francesco abbia la giusta dose di umiltà e sfacciataggine per affrontare ed incassare i colpi bassi e le accuse di essere un “raccomandato” che ogni giorno gli piovono addosso da tutti i social e non solo, dimostrando di avere le spalle molto larghe.
Ma torniamo al talent. Siamo alla seconda puntata, nella fase forse più interessante e stuzzicante ovvero quella delle blind auditions, dove i 5 giudici dando le spalle al palcoscenico, ascoltano senza vedere i giovani “talenti” che si esibiscono sul palco, girandosi solo nel caso in cui la loro voce li colpisca particolarmente. Una trovata geniale! Essere scelti per le proprie qualità, senza dare peso alle volte ad un aspetto fisico poco alla moda o addirittura ingombrante, o ad una sessualità indefinita o ancora in fase di transizione. Insomma a trionfare è la sostanza e non la forma e questo rappresenta uno degli ingredienti vincenti del talent. L’altro ingrediente sono i giudici, freschi, frizzanti, simpatici, immersi nel mood giusto e con lo stesso spirito di una scolaresca in gita: tutto può accadere, tutti gli equilibri possono rompersi e la voglia di giocare e trasgredire è più accattivante della voglia di fare a tutti i costi la cosa giusta. Il divertimento è la chiave di volta del programma. I giudici Sono spiritosi e fanno divertire il pubblico a casa, snobbando persone prive di talento canoro o valorizzandone altre con un linguaggio colorito e con espressioni estremamente popolari, per non dire “tamarre”. In questo ci da molta soddisfazione J-Ax. L’ex Articolo31 è la vera rivelazione del programma. Già lo scorso anno ci aveva dato notevoli soddisfazioni inserendo un po’ di pepe e di irriverenza nella trasmissione, ed anche in questa edizione non si è smentito; le sue “perle di saggezza” lasciano increduli e divertiti, riservandoci anche alcuni sprazzi di normalità, dimostrandosi al di là dei tatuaggi e dell’aspetto da bad boy, un’anima profonda, sensibile ed incredibilmente timida. Noemi, sempre alla ricerca di voci soul, dimostra di essere estremamente competente e precisa nelle sue scelte, quasi “snob”, pretendendo molto dalle voci che ascolta e dimostrandosi implacabile nei suoi giudizi. Piero Pelù invece è, a mio avviso, il più “fastidioso” del gruppo, troppo “gentista”, troppo “paladino della giustizia” troppo in spirito “centro sociale” diventando alle volte irritante e fuori luogo; con questo non vogliamo mettere in discussione le sue qualità canore e la sua storia musicale, anche se i pantaloni di pelle aderenti alla sua età risultando a lungo andare un po’ stucchevoli.
Il 65° Festival della canzone italiana di Sanremo si è concluso da poco più di una settimana decretando come vincitori assoluti i ragazzi ventenni del trio Il Volo con la canzone “Grande amore”. Dietro di loro al secondo posto si piazzato Nek con “Fatti avanti amore” mentre terza classificata è stata la raffinatissima Malika Ayane con il bravo sofisticato “Adesso e qui (nostalgico presente). Il vincitore delle nuove proposte, proclamato il giorno antecedente alla finalissima avvenuta il 14 febbraio, è stato Giovanni Caccamo con “Ritornerò da te” anche se, a parer mio, meritava molto di più il pezzo del redivivo ex allievo della scuola di Maria De Filippi, Enrico Nigiotti con il brano accattivante e fortemente radiofonico “Qualcosa da decidere”. Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble, meglio conosciuti come Il Volo, sono stati lanciati nel lontano 2009 dalla trasmissione Rai "Ti lascio una canzone", condotta da Antonella Clerici, ed hanno conquistato nel giro di 5-6 anni orde di folle, riproponendo uno stile canoro tutto italiano fatto di canzoni datate ma rivisitate in chiave moderna e talvolta con incursioni innovative che hanno riscosso successo non solo presso il target over 50, da sempre incline alla musica tradizionale italiana, c’è chi ancora prova brividi nel sentire la voce possente di Claudio Villa, ma hanno saputo intercettare anche il gusto delle ragazzine di tutto il mondo, che vanno letteralmente in visibilio per i tre tenorini (due tenori ed un baritono per la precisione) riconoscendo loro non solo una bravura straordinaria nel canto, una potenza vocale davvero poderosa, delle voci completamente diverse tra di loro che si sposano alla perfezione, ma anche una simpatia, una freschezza, una solarità che li rende, forse, il prodotto meglio esportato dal nostro paese negli ultimi anni. Hanno all’attivo collaborazioni eccellenti con star del calibro di Barbra Streisand, Andrea Bocelli, Eros Ramazzotti, Laura Pausini, una partecipazione a We are the world for Haiti, hanno cantato con Bono Vox, il loro album d’esordio nel 2011 ha scalato la classifica Billboard e sono stati gli unici artisti italiani ad aver ottenuto un contratto discografico con una major americana. Fin qui tutto bene. E dov’è il problema vi chiederete voi? Presto detto. La loro vittoria al Festival ha scatenato un vespaio di polemiche e accuse che non accenna a placarsi. Tutti pronti a puntare il dito contro Il Volo, dal regista della trasmissione Rai Roberto Cenci, che rivendica la paternità di aver intuito il potenziale che i tre ragazzi, presentatisi come solisti, potevano avere in gruppo, e li accusa di scarsa reverenza, ai moralisti più puri che dall’alto del pulpito hanno tuonato dicendo che i ragazzi cantavano nelle pizzerie, che hanno portato un pezzo banale, da teenager, che cantano l’amore ma non sanno neppure cosa sia, che sono dei giovani vecchi, che quella che rappresentano non è l’Italia, che sono pilotati dal loro manager Michele Torpedine, che la loro vittoria era scontata come la melodia di una canzone di Gigi d’Alessio. Questa vittoria ai perbenisti e ai critici proprio non va giù. E’forse un crimine aver ottenuto un successo stratosferico all’estero, riempiendo innumerevoli palazzetti dal Canada al Messico, essere stati intervistati dai più grandi anchorman a stelle e strisce mentre in Italia hanno raggranellato solo qualche ospitata da Massimo Giletti, in qualche trasmissione della Clerici e poco altro? Quanto dovranno aspettare prima che l’Italia e la critica musicale italiana posso tributargli ciò che meritano? Forse quello che non si perdona ai ragazzi de Il Volo è proprio questo: essere dei ragazzi. Essere giovani, spensierati, aver portato un modo di fare musica che coniuga modernità e tradizione, avere la faccia pulita, vestire bene, amare la musica, non essere arrabbiati con il mondo e non ribadire costantemente che la vita fa schifo, senza prendersi la briga di litigare, accusare gli altri o offendere persone più grandi di loro (stiamo vedendo tutti la deriva di maleducazione che sta prendendo Amici). Sono persone normali, che amano il calcio, le macchine, le ragazze. Evviva Dio! Finalmente qualcuno di “normale” in un’ Italia che non fa che urlare dalla mattina alla sera. Il nostro è un paese di snob, alcune nostre trasmissioni televisive sono snob, i nostri pseudo-intellettuali sono degli snob, i ragazzi che sono nei talent sono già degli snob. Eppure c’è chi dice che l’Italia sia un paese per vecchi, allora, io dico, lunga vita ai ragazzi de Il Volo.
Cinquanta sfumature di grigio, di ridondanza e di patetiche scene
Mercoledì, 18 Febbraio 2015 11:23 Scritto da Paola GentileFinalmente ci siamo, l’attesa è finita! A partire dal 12 febbraio in più 800 sale italiane è uscito l’attesissimo film Cinquanta sfumature di grigio, tratto dall’omonimo best-seller scritto da quella furbona di una casalinga disperata di E.L. James, ribattezzata anche come “miss 100 milioni di copie”. Da quando l’estate scorsa è uscito il primo trailer che annunciava l’arrivo nelle nostre vite del fascinoso e tormentato Cristian Grey che seduce la scialba ed ingenua studentessa di letteratura inglese Anastasia Steel, le nostre notti non sono più state le stesse. Tutte le componenti piccanti, trasgressive, perverse, e a tratti un po’ eccessive di cui il libro pullula, comprese le pratiche sado-maso, le tecniche di bondage, il fisting, e tutta quella roba lì, vengono ridotte ad una banalissima e scontatissima storia d’amore, neanche poi tanto originale. Dove sono finite le sculacciate forti che lui le da di continuo? Dove le frustate da far arrossire e sanguinare la pelle? Dove i segni delle corde sui polsi? Dove quel fiume di sesso? Dove quegli infiniti spasmi della povera malcapitata Anastasia? Niente, nulla di nulla, o almeno non quanto ci saremmo aspettati, e lo dico anche con una punta di delusione, perché se le cose si devono fare, almeno che vengano fatte per bene.
Quello che si evince dalla pellicola, diretta da Sam Taylor-Johnson è solo un fiume di sensi di colpa da cui è afflitto Grey, interpretato da mister “ho solo cinque espressioni in viso” Jamie Dornan, che si spaccia per Dominatore, ma in realtà è soltanto un insignificante adolescente alla prima cotta, che non sarebbe in grado di fare del male neanche ad una mosca e che al primo accenno di rissa se la darebbe a gambe levate. La signorina Steel, interpretata da una convincente seppur insignificante Dakota Johnson, dimostra almeno di avere piglio, sarcasmo (si c’è anche del sarcasmo), ironia e anticipa furbescamente (merito della sceneggiatrice Kelly Marcel) alcune risate che il pubblico avrebbe sicuramente fatto nel sentire le assurdità che escono dalla bocca del bel pervertito Grey; salvo però mordersi continuamente il labbro inferiore ogni due per tre. La noia avanza prepotente nella seconda parte del film, quando lei vuole di più, vuole l’amore, mentre lui combatte contro sé stesso, contro i suoi demoni, segni di un passato tormentato e non riesce ad amore la ragazza, dai capelli improponibili, semplicemente perché non può cambiare ciò che è. Lui prova piacere nel picchiare le donne, è felice quando prende le sue Sottomesse a cinghiate, quando entra nella stanza dei giochi e tortura le povere disperate. La prima scena di sesso avviene dopo una mezz’ora buona dall’inizio del film e in quell’occasione lei non si è fatta la ceretta. Ebbene si, siamo negli anni 2000 e ancora c’è qualcuno che non sa usare un rasoio. Di spinto c’è poco, le scene sono abbastanza pudiche (solo 20 minuti di sesso, in confronto a quasi la totalità del libro) e la macchina da presa si allontana sapientemente quando le cose si fanno più compromettenti, lasciando solo uno sguardo voyeuristico. L’unico nudo integrale è quello della Johnson, mentre Dornan mostra solo il lato b. Non c’è sudore, non ci sono corpi che si sfiorano, non c’è tutta la carica erotica che il libro (almeno questo gli va riconosciuto) contiene in sé. Sono solo sei le frustate che Christian le da, nel subire le quale lei piange come una scolaretta, e nel vederla verrebbe da dirle: “Ma si può arrivare ad umiliarsi così tanto per un uomo?”. L’introspezione dei personaggi è minima, non c’è dialogo tra le parti, non ci sono confessioni, c’è solo un melodramma romantico che aleggia e ingoia qualsiasi buon proposito di perversione. Non c’era bisogno di scomodare Beyoncé, né Annie Lennox, e nemmeno il boss Springsteen per le musiche del film, né tantomeno presentarlo in anteprima alla Berlinale, dal momento che si tratta di un filmetto da blockbuster. Nulla più. E’un film senza pretese, a tratti disonesto e incommensurabilmente patetico e ridondante. L’erotismo è un’altra cosa, La vita di Adele o Nymphomaniac del maestro Lars Von Trier sono un’altra cosa. La James, a mio avviso, non è una scrittrice, è solo una volpe che, inserendo le tecniche BDSM in un libro più che mediocre, ha risvegliato gli istinti sopiti di casalinghe e donnette che hanno messo la loro sensualità sotto le suola di gomma delle ciabatte, per diventare schiave dei propri mariti e dei propri compagni, disposte a tutto, come Anastasia, pur di tenersi un uomo. In alcuni casi l’amore non salva gli altri e non salva nemmeno noi stessi.
Da Terzigno a Sanremo: Pasquale Auricchio ed il suo "Amore immenso"
Mercoledì, 04 Febbraio 2015 08:38 Scritto da Antonio MoscaQuanto costa un sogno? Tanto, troppo. O forse poco, nulla. In molti si saranno fatti questa domanda durante la loro vita, di certo se l’è posta Pasquale Auricchio, giovane terzignese classe 1987, quando ha cominciato a incastonare un acuto dietro l’altro, a inserire la sua voce tra mille note, capendo che la sinfonia era giusta, la melodia fantastica, il risultato un’opera d’arte, senza se e senza ma. Così a quell’annosa domanda il giovane cantante ha saputo rispondere che sognare non costa nulla, si deve pagare solo lo scotto di crederci, sempre e comunque. Quindi con lo zaino in spalla e la speranza nel cuore si è presentato lì dove ogni artista della canzone italiano desidera arrivare, sul parco del prestigioso Ariston di Sanremo. Ha calcato il palcoscenico che è stato casa dei più grandi della musica nostrana e si è messo in mostra a tal punto da arrivare sino alle selezioni finali. Il destino non ha voluto ancora regalargli la soddisfazione di sentire una voce al microfono che chiamava il suo nome, mentre un Beppe Vessicchio qualunque intonava le sue note, ma la stoffa e da campione, il ragazzo si farà, anzi si rifarà.
‘Salire sul palco dell’Ariston è stata un’emozione unica’, racconta ricordando la sua bella favola sanremese, ‘quando cantavo avevo il cuore che batteva a mille’. Ragazzo umile, ma ambizioso allo stesso modo, era già stato notato in tempi non sospetti oltre che dal suo maestro e produttore Carmine Nappi, a cui si sente molto legato anche umanamente, anche dalla popolare voce radiofonica Mary J, che l’ha voluto al suo fianco durante una puntata del programma ‘Un giorno da leone’, molto seguito dal pubblico dell’emittente Radio Punto Zero.
Oggi Pasquale sbarca in tutti gli store digitali del mondo (come Amazon o Spotify) grazie al suo inedito ‘Amore immenso Amore’, lo stesso singolo che è stato presentato alle selezioni per Sanremo 2015. Musica leggera, testo poetico e moderno, voce che strappa applausi, Pasquale parte da qui, dall’amore, per riuscire un giorno a scendere velocemente le scale del Teatro dei Sogni, mentre dall’altra parte il pubblico fa il tifo per lui. Ma questo è solo un piccolissimo passo, in programma c’è già un altro inedito, una nuova casa discografica (la prestigiosissima Top Record) che lo attende, il futuro che gli si spalanca avanti, ora sta a lui continuare su questa strada, quella che non può far altro che portare al successo. Terzigno ha trovato un nuovo motivo d’orgoglio per togliersi da dosso le scorie di troppi errori e troppe mancanze, che sembrano tappare le ali anche a chi ha voglia e mezzi per volare. Quanto costa un sogno? E’ semplice: giusto il prezzo per regalare un’emozione, proprio come fa il nostro Pasquale.