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Volley, S.Giuseppe Terzigno vittoria e vetta!
Ischia. Vittoria e vetta della classifica per la San Giuseppe Terzigno Volley nell'ultimo turno stag ...
Quando Tanzi voleva "salvare" il Napoli
Domenica, 01 Marzo 2015 09:20 Scritto da Domenico Fabbricatore“Tanzi vuole salvare il Napoli”. Una generazione di tifosi partenopei, oggi poco più che trentenni, imparò a convivere con questa frase. Una frase letta su ogni giornale, ascoltata su ogni emittente, ribadita da tanti, quasi da tutti, al punto da diventare una realtà inconfutabile. Una storia tutta italiana, vecchia almeno quanto l’unificazione di una nazione nata male e cresciuta peggio. Nulla di nuovo: il magnanimo “nord” che salva lo scapestrato “sud”, senza nessun secondo fine, naturalmente. Nel corso degli anni, la frase si è poi trasformata in “quando Tanzi voleva salvare il Napoli”, ancora oggi generazioni di giovani tifosi napoletani hanno imparato a ringraziare quel “benefattore” parmigiano, che provò a salvare il Napoli. Il sud come sempre costretto a ringraziare il nord. Per quale motivo Tanzi, come si disse, volesse così fortemente salvare il Napoli non si è mai capito. Anzi, a distanza di anni, dopo quanto è accaduto, se non ci fosse da piangere ci sarebbe quasi da ridere rileggendo quella famosa frase di Tanzi e il salvataggio del Napoli. Una storia lunga un ventennio, fatta di Presidenti, debiti, fallimenti. Per lo meno, al momento, solo un fallimento. Quello del Napoli. Una storia tutta italiana, insomma, che forse vale la pena ricordare. Erano gli inizi degli anni 90 e il Napoli di Ferlaino, dopo aver trionfato e goduto con Maradona, si trovava in cattive acque finanziarie. La squadra, comunque, non era male. Assorbito il colpo dell’addio di Diego, i tifosi partenopei potevano contare ancora su campioni di un certo calibro. Ricordare i nomi di quei calciatori vorrebbe dire fare uno sgarbo a quella generazione di tifosi napoletani costretta a convivere con l’austerità di una società in crisi. Di fatto, per evitare il fallimento, ad ogni sessione estiva di mercato Ferlaino era costretto a vendere i pezzi pregiati al miglior offerente. Ad approfittare della grande svendita napoletana fu soprattutto l’emergente Parma di Calisto Tanzi. Dal 1993 al 1995, Ferlaino e Tanzi conclusero diversi affari. Il Parma acquistò Massimo Crippa per 9 miliardi, Gianfranco Zola per 13 miliardi e Fabio Cannavaro sempre per 13 miliardi. Affari. Per il Parma, naturalmente, che si ritrovò in squadra un sontuoso centrocampista, uno dei più grandi calciatori italiani di tutti i tempi e uno dei più forti difensori al mondo, all’epoca appena ventiduenne, per la modica cifra di 35 miliardi di vecchie lire. Non tutto in contanti, perché il Napoli aveva pur sempre bisogno di abbozzare una squadra per l’anno dopo, pertanto il “benefattore” Tanzi riusciva a strappare anche qualche sconto in cambio di calciatori da dare in prestito. I tifosi del Napoli di oggi vedono De Laurentiis vendere Cavani al prezzo che dice lui e poi acquistare Higuain. I tifosi del Napoli degli anni 90 vedevano i propri idoli prendere la strada di Parma, al prezzo che diceva Tanzi, e dall’Emilia arrivavano i prestiti dei vai Bia, Gambaro, Pizzi, Matrecano. Calciatori più o meno dignitosi, non certo campioni. Oltre il danno la beffa: quei tifosi del Napoli degli anni 90, secondo la stampa italiana, dovevano anche dire grazie a Tanzi, che faceva tutto questo non per comprare calciatori straordinari ad ottimo prezzo, ma per salvare il Napoli!
Da lì a pochi anni, poi, quel “benefattore” fu protagonista del più grande scandalo di bancarotta fraudolenta perpretrato da una società europea e fu arrestato nel 2003, dopo aver lasciato un buco di circa 14 miliardi di lire, tutto a spese degli azionisti. Il 2004 fu l’anno del fallimento. Ma a fallire fu il Napoli, nonostante oltre dieci anni di sacrifici, vendite dolorose, indebolimenti costanti della rosa, due retrocessioni, la seconda delle quali favorita tra l’altro dal risultato di una strana partita tra Parma e Verona, due società che avevano lo stesso proprietario. Ironia della sorte, proprio Tanzi. Il Parma nel 2004 non fallì, nonostante le gravissime irregolarità della Parmalat. Alla società emiliana fu lanciato un gran bel salvagente, una normativa fresca di varo, nota come “Legge Marzano”, che consentiva alle società indebitate di avvalersi di un’amministrazione controllata. Di fatto, il Parma cambiò nome, da “Associazione Calcio” a “Football Club”, evitando di ripartire dai dilettanti in attesa di un compratore. Compratore che arrivò nel 2007, un giovane imprenditore bresciano di nome Tommaso Ghirardi, capace di accumulare circa 90 milioni di euro di debiti in pochi anni, per poi indignarsi pubblicamente per la mancata concessione della licenza Uefa, nell’estate 2014. “Perché siamo troppo civili, siamo troppo corretti”, disse, aggiungendo che tutti gli altri dovevano vergognarsi. Già, una storia tutta italiana, che continua con presidenti fantasma, dipendenti non pagati, partite saltate. E, forse, con il fallimento di una società con undici anni di ritardo. Forse.
Quando i tifosi "invadono" Roma accade sempre che la realtà supera la fantasia...
Sabato, 21 Febbraio 2015 23:55 Scritto da Pasquale StanzianoLa realtà supera la fantasia. A volte capita e non sempre è piacevole. Recenti episodi di cronaca legati ad un evento sportivo hanno reso particolarmente attuale questo vecchio proverbio, che si vorrebbe di matrice romantica o vagamente ottimistica. C’è una data che in tanti non hanno dimenticato: 31 agosto 2008. “Ritorna il campionato e ritorna la violenza”, si lesse sui giornali e sui siti internet e si ascoltò a ripetizione, fino alla nausea, nei telegiornali nazionali. Partita, Roma-Napoli. Millecinquecento tifosi napoletani – dissero e scrissero – quel giorno presero in ostaggio un treno delle Ferrovie dello Stato. A volto coperto, brandendo bastoni e lanciando petardi, misero in agitazione la stazione di Napoli alle 9 di mattina, sotto gli occhi della polizia in assetto antisommossa. Centinaia di passeggeri furono costretti ad abbandonare i loro scompartimenti, spaventati dall’inaudita violenza. Durante il viaggio, quei tifosi devastarono quel treno: tendine strappate, sedili tagliati, finestrini danneggiati, servizi igienici divelti. Danni per almeno 500.000 euro. Ma non è tutto. Alla stazione Termini di Roma, questi tifosi si resero protagonisti di ulteriori barbarie. L’esplosione di un grosso petardo provocò il panico tra i passeggeri, altri danni incalcolabili, tensioni, feriti. Che barbari! Tutto quanto riportato si ritrova, a scanso di equivoci, tuttora su internet, basta una semplice ricerca. L’opinione pubblica, naturalmente, non si lasciò sfuggire l’occasione per condannare implacabilmente quei vandali, oltre che per biasimare, manco a dirlo, l’intero popolo napoletano. E poco importava che le immagini delle televisioni facessero vedere sempre e solo qualche poltroncina un po’ sgualcita e sempre e solo l’unico vetro rotto di quel treno. Né tantomeno importava che le immagini della stazione di Termini mostrassero quei millecinquecento napoletani che correvano ma semplicemente perché in ritardo per la partita, non per colpa loro. Di questi, soltanto uno aveva in mano un fumogeno acceso. Cantavano qualche coro contro la Capitale, d’accordo. Ma a parte ciò, nessuna minaccia, nessuna violenza. Nessun danno. Ma a nessuno interessava. La giustizia sportiva non tardò ad emettere il proprio verdetto: trasferte vietate ai napoletani per l’intero campionato, curve dello stadio San Paolo chiuse per tre turni. Ma in tanti si sentirono il diritto di dire la propria. Il capitano della Fiorentina, Riccardo Montolivo, ad esempio, sentenziò senza mezzi termini che un solo turno a porte chiuse era una pena troppo lieve, per quegli incivili. Naturalmente, il caso finì anche in Parlamento, laddove ci sarebbero questioni più importanti da parlamentare e possibilmente risolvere. Tante chiacchiere, come al solito. Soltanto con colpevole ritardo, quando ormai non interessava più a nessuno o quasi, venne a galla la verità: fu tutto una montatura. Trenitalia non subì nessun danno, anzi fu condannata per non aver dato la possibilità a quei tifosi napoletani di viaggiare in condizioni dignitose. Fu tutta fantasia, insomma. Ci hanno pensato poi alcuni supporters del Feyenoord, guarda caso sempre a Roma, a rispolverare quel vecchio proverbio della realtà che supera la fantasia. Oltre che a mettere a nudo l’inadeguatezza di una nazione che non riesce a garantire la debita sicurezza ai propri cittadini ma che è brava solo ad indignarsi, per poi dimenticare. E di fronte a Roma devastata, stavolta per davvero, si sono indignati in tanti. In tanti hanno parlato. Anche quelli che, meno di un anno fa, quando un giovane napoletano fu colpito a morte, sempre per una partita di calcio e sempre a Roma, hanno preferito stare zitti. Ma questa è un’altra storia.
C...come "ci può stare la fortuna"
Domenica, 15 Febbraio 2015 14:17 Scritto da Domenico FabbricatoreC come…tante cose. Numerosi vocaboli iniziano con la terza lettera dell’alfabeto, in settimana se ne sono accorti in parecchi. Ad esempio, C come…”fortuna”. In realtà la parola giusta è un’altra. Ma il discorso non cambia, il guardalinee di Juventus-Milan è andato a…fortuna. A scanso di equivoci, il gol di Tevez è regolare. E per fugare altrettanti supposizioni, è talmente evidente il divario tecnico attuale tra le due squadre che non si può oggettivamente capire come la formazione di Allegri avrebbe potuto non vincere quella partita. Juve che avrebbe vinto comunque: una frase letta ed ascoltata svariate volte, al punto da essere diventata retorica. Ma, nella circostanza, è vero. Come è vero che il guardalinee mai avrebbe potuto valutare correttamente l’azione a velocità normale. Ha avuto…fortuna. E allora C come quella parola lì, ma anche C come “centimetri”. E su quelli, si rassegni Galliani, hanno (quasi) sempre ragione loro. A torto o a ragione, quando il metro di giudizio è al limite, la decisione spesso, quasi sempre, favorisce la Juve. E allora C come “ci può stare”, frase abilmente coniata da un allenatore spagnolo in una circostanza analoga. E’ inutile starci troppo a pensare, sulle situazioni al limite la Juve è fortunata. Ma Galliani, nella settimana delle polemiche meno opportune della storia del calcio italiano, ha usato un’altra parola. C come “censura”. Secondo il dirigente milanista, le immagini televisive delle partite in casa della Juve vengono prodotte dalla stessa società bianconera, che decide autonomamente cosa mostrare e cosa no. Censura televisiva, dunque, in piena regola. Una frase che ha fatto arrabbiare in tanti. Ma anche una frase che ognuno potrebbe divertirsi ad interpretare. Ci starebbe bene, ad esempio, un piccolo e simpatico gioco di memoria. E’ il 20 marzo 1991, allo stadio Velodrome di Marsiglia si disputa la partita di ritorno dei quarti di finale di Coppa dei Campioni tra Olimpique Marsiglia e Milan. I rossoneri hanno vinto le ultime due edizioni della manifestazione ma il risultato dell’andata ha sorriso ai francesi: 1-1 a San Siro. Lo 0-0 qualificherebbe l’OM. Le immagini della partita sono affidare a Mediaset, che allora si chiamava ancora Fininvest. La sfida è equilibrata, si fanno preferire i padroni di casa anche se i commentatori italiani si guardano bene dal dirlo. La doccia fredda arriva al minuto 75: cross di Abedì Pelè, Papin allunga il pallone di testa, Waddle calcia in diagonale e batte Sebastiano Rossi. L’OM sta vincendo 1-0, il grande Milan di Sacchi ma soprattutto Berlusconi sta abdicando al trono d’Europa. I giochi sono praticamente fatti quando, nel corso del primo minuto di recupero, uno dei riflettori del vetusto stadio francese cessa di funzionare. Quello che ne segue è un monumento all’antisportività. I milanisti non vogliono riprendere il gioco, anche quando, dopo pochi minuti, il riflettore riprende a funzionare, prima solo parzialmente poi completamente. Per l’arbitro la partita può riprendere, per i rossoneri no. Ad un certo punto compare un uomo in impermeabile bianco: è Adriano Galliani, che ad ampi gesti delle mani richiama i calciatori. Ha deciso che la sua squadra abbandona la partita. Risultato: sconfitta a tavolino vergognosa e squalifica per un anno al Milan, escluso da tutte le manifestazioni europee. La domanda, a proposito di censura televisiva, è molto semplice: quante volte sugli schermi Mediaset, in questi 24 anni, abbiamo avuto modo di rivedere la sagoma agitata di Galliani in impermeabile bianco che ritira la squadra a Marsiglia? Poche, pochissime o mai? Chissà come sarebbe andata se quella notte a Marsiglia fosse stata di scena qualche altra squadra e se il protagonista fosse stato qualche altro dirigente. Chissà se oggi sarebbe ancora dirigente, quel fantomatico protagonista di qualche altra squadra. Ci potrebbe allora stare bene anche un C come “chi la fa l’aspetti”. Ma forse il telespettatore italiano aspetta, da troppo tempo, un’altra parola: C come “calcio” e basta. Senza polemiche, veleni, censure e sospetti. Forse, però, c’è ancora tanto da aspettare.
La storia di Daniele Verde, il gioiello di Napoli a Roma
Mercoledì, 11 Febbraio 2015 22:20 Scritto da RedazioneCon una Roma, all’improvviso scopertasi nei numeri scarna di forze e sterile in attacco, l’allenatore Rudi Garcia si vede costretto a ricorrere a forze alternative, arruolando per la delicata trasferta di Cagliari i giovani “Primavera” AntonioSanabria e Daniele Verde. Mentre il primo sembra già un “predestinato”, vantando apprendistato e trascorsi inconfutabili (avendo frequentato l’alto magistero della “cantera” del Barcellona), sul secondo continua ad aleggiare una spessa coltre di nebbia, anzi di origine inesplorata, essendo sconosciuto ai più. Daniele VERDE (20-06-’96, h. 1,68 X kg. 64), partenopeo purosangue, nasce a Napoli, Rione Traiano, ad un tiro di schioppo dallo stadio San Paolo. Logicamente con il calcio nel sangue e nel destino. Incomincia a sei anni con il San Domenico, poi si trasferisce alla Pro Calcio. A dieci anni viene conglobato nella Scuola Pigna Calcio, alternandosi quotidianamente fra il campo degli Astroni e quello di Pianura. Con paziente ed assidua cura lo inquadra nel ruolo il tecnico Gigi Pignalosa. La sua prima sistemazione avviene sull’out sinistro, esterno di difesa. Con i Mini-giovanissimi ed i Giovanissimi estrinseca qualità tecniche ed agonistiche rimarchevoli: ha un sinistro incredibilmente educato ed inventivo, un tiro secco e preciso anche dalla distanza, segna e fa segnare reti in abbondanza, forte di un fisico raccolto, ma scattante, non potente, ma molto resistente. Mentre anche il piede destro risponde alle sollecitazioni improvvise. In un solo campionato giovanile arriva a segnare una quarantina di reti, richiamando l’attenzione e gli sguardi interessati di molti osservatori. Su di lui arriva per prima la Juventus, poi a seguire Genoa, Lazio e Fiorentina. Più freddo e distaccato il Napoli, in partenza già penalizzato da una realtà logistica difficile da frequentare (troppo decentrato il centro diCastelvolturno e scarsi i collegamenti quotidiani). Il direttore tecnico del Pigna Calcio, Gianni Troiano, si mette in contatto con Bruno Conti, plenipotenziario della Roma, e lo invita in Campania alla scoperta del fenomeno “Daniele Verde”. Conti si precipita in Campania e subito traghetta il ragazzo al Centro Bernardini di Trigoria. Provino superato a pieni voti. Nel corso del secondo viaggio nella Capitale, Verde firma per i giallorossi (costo dell’operazione: 17.800 Euro). Ed è tanta la delusione della Juventus per aver perso questo talento, che i dirigenti bianconeri licenziano immediatamente il loro osservatore per la Campania. Verde viene aggregato ai Giovanissimi Nazionali, allenati da un altro napoletano DOC: Vincenzo Montella. Il tecnico diPomigliano intuisce da subito di avere tra le mani unpreziosissimo diamante grezzo, e, dopo un momento di studio e riflessione, decide di spostarlo più avanti, sempre esterno, ma alto, da impiegare preferibilmente nel 4-3-3 oppure nel 4-2-3-1, anche per sfruttare compiutamente la sua rapidità e l’innata facilità nel dribbling. In difesa Montellapuò tranquillamente affidarsi ai suoi mastini scelti: Calabresi e Capradossi, entrambi Nazionali di categoria. Verde non accusa sbandamenti nel cambio di ruolo, anzi arriva subitouna consacrazione con la chiamata in Under 15. Nella categoria superiore, ossia con gli Allievi Nazionali, Verde viene preso in cura da Sandro Tovalieri, che, con l’ausilio e la dotta consulenza di Alberto De Rossi, padre dell’altro Daniele romanista, nonché responsabile della Primavera giallorossa, lo risistema tatticamente più avanti: seconda punta, anche trequartista. Un minimo di assuefazione e Verde esplode anche in Primavera. Gioca normalmente largo a destra, per rientrare e tirare con il sinistro, matura maggiore intelligenza tattica, gestendo le ripartenze con enorme visione di gioco, ha coraggio nelle giocate, ha il gusto delle improvvisazioni, ha il senso del lavoro e del sacrificio, è sempre umile, vuole “arrivare”, anche per aiutare la famiglia, dal momento che il padre è undisoccupato perenne. La Roma intanto lo blinda con un contratto fino al 2018. Ora Walter Sabatini dovrà logicamente ridiscuterlo ed integrarlo. Verde, da parte sua, ha già preparato le nuove credenziali: 8 presenze ed 8 reti con la Primavera, 2 reti nella Champions UEFA Youth, a Cagliari due assist trasformati in reti, un gol fallito di poco con il destro, una botta di sinistro appena alta sulla traversa, 3 presenze in Under 19 con una rete, uno stillicidio di richiesta da parte di quasi tutte le squadre di Serie B.
SCHEDA GIOCATORE:
Cognome: VERDE
Nome: DANIELE
Nato: a Napoli, il 20-06-1996
Altezza: 1,68
Peso: kg. 64
Presenze in Serie A: 3
Presenze in Nazionale: 3 in Under 19 (1 rete)
Scadenza Contratto: giugno 2018.
Enzo Torre
E’ un esordio fantastico e molto promettente per Gianluca Polizzi con gli Allievi Nazionali della Ternana. Arrivato con il mercato di gennaio dalla Scafatese, il giovane attaccante diTerzigno viene subito mandato in campo dall’allenatore Borrello. E Polizzi ripaga immediatamente la fiducia con una clamorosa doppietta, regalando alla Ternana la prima vittoria in campionato. Letteralmente annichilito il Crotone di Mister Lomonaco, che sulla carta vantava anche i favori del pronostico. Da segnalare, inoltre, nello stesso girone,l’incredibile passo falso (1-2) del Napoli di Liguori, che si vede superato in rimonta da un pimpante Perugia ridotto in nove.
Tabellino
TERNANA-CROTONE 3-0
TERNANA: Vitali, Boccamera (82’ Carissimi), Cascioni (82’Filabi), Pinsaglia, Bellini, Tabella, Broccatelli (73’ Giardino),Pigazzini (58’ Petruscelli), Polizzi (69’ Condito), Vittori,Massarucci (82’ Grottambuli). All.: Borrello
CROTONE: Vuscomi, Federico (70’ Sarcone), Serleti (73’Ruperto), Cimino (62’ Barca), Cuomo, Sanna, Borello (53’Calderaro), Aggiorno (70’ Araldo), Dje, Giannotti, Bartolotti(48’ Fiorentino). All.: Lomonaco
Arbitro: Volpi di Arezzo
Reti: 15’ e 45’ Polizzi, 73’ Vittori
Enzo Torre