La storica band capitanata da Gaetano Curreri vince la 66a edizione del Festival di Sanremo targato Carlo Conti con la canzone “Un giorno mi dirai”. In un tripudio di emozione, commozione e stupore i magnifici 4 ricevono l’ambita statuetta e si consacrano a tutti gli effetti come gruppo italiano capace di unire una buona melodia, un front man convincente ed un testo importante che racconta del rapporto padre-figlia. Insomma non la solita canzonetta d’amore liceale. Secondo posto per la talentuosa Francesca Michielin con “Nessun grado di separazione” e terzo piazzamento invece per il duo Giovanni Caccamo-Deborah Iurato con “Via da qui”, dove Caccamo ha dato prova di espressività pari a quella di un impiegato del catasto. E’ stato il Sanremo dei record con gli ascolti più alti degli ultimi 11 anni ed uno share che, nella serata conclusiva di sabato, ha sfondato il muro del 50%. L’hastag #sanremo2016 è stata la più twittata ed il bacino di utenza tra i 16-24 anni è stato altissimo. Un Sanremo che è stato apprezzato soprattutto dai giovani dunque. Risultati strabilianti che hanno contribuito ad incoronare Conti come l’erede ufficiale di Pippo Baudo tanto da consegnargli nelle mani anche le sorti del prossimo Festival.
La scelta dei compagni di viaggio o co-conduttori (detto in uno slancio di bontà contiana) si è rivelata azzeccatissima. La bella e un filo paraninfa Madalina Ghenea ha dato prova di sapersi destreggiare con l’italiano – lei rumena – e si è dimostrata spigliata e ben consapevole di dove si trovasse. Virginia Raffaele è stata acclarata come regina indiscussa del Festival portando in scena alcuni dei personaggi che l’hanno resa celebre: dalla godereccia Sabrina Ferilli, all’etoile della danza Carla Fracci (superba imitazione), passando per la donna-botox Donatella Versace fino al suo cavallo di battaglia Belen. L’ultima sera si è presentata semplicemente come Virginia, non solo imitatrice ma donna intelligente, ironica, mai volgare e sopra le righe nelle sue performance.
Se vi aspettate che spari a zero su Gabriel Garko rimarrete delusi. Non si può infierire su di un uomo che è già morto, sarebbe accanimento terapeutico. Si sapeva che non avrebbe fatto niente di più e niente di meno di quello che fa nelle fiction: ovvero esprimersi a monosillabi e puntare tutto sul fascino. Ma in questa circostanza sanremese, complice anche le critiche feroci e motivate che gli sono state rivolte, ha dato prova invece di sapersi riprendere e ha sfoderato un’ironia che non credevo gli appartenesse. Quanto ci sia di spontaneo e quanto di preparato in questo suo colpo di reni non ci è dato sapere ma ha contribuito, se non altro, a sdoganare il solito stereotipo che vuole che una donna avvenente sia solo un oggetto. Anche l’uomo può darci delle soddisfazioni. E per questo ti diciamo: Grazie Gabriel! Il prodotto delle cinque serate è stato godibilissimo, eccezion fatta per la serata di venerdì nella quale si sono esibite tutte e 20 le canzone. Il colpo di sonno era dietro l’angolo, ma ci sta una piccola flessione. Nel complesso il ritmo è stato buono, gli ospiti internazionali e nazionali non hanno deluso. Lasciatemi tributare un plauso speciale per i Pooh e per l’immenso Renato Zero. L’unica pecca – come anche lo scorso anno – sono stati i comici, che hanno strappato davvero pochi sorrisi. Solo Nino Frassica ha smosso un po’ lo stagno del soporifero con l’interista doppia insieme a Garko che occupa già, di diritto, un posto nelle teche Rai. Commovente Ezio Bosso che ha emozionato e fatto riflettere e ci ha condotti in un’altra dimensione spazio-tempo suonando Following a bird.
Non ci resta che attendere il prossimo anno per scoprire cosa si inventerà quel toscanaccio del Conti, ormai il Festival è suo e nessuno glielo toglie.