L’America ha scelto Trump

Mercoledì, 09 Novembre 2016 17:04 Scritto da  Pubblicato in Mondo Letto 707 volte
Le elezioni americane e la conseguente vittoria del repubblicano Donald Trump sulla democratica Hillary Clinton ci lasciano un grande insegnamento: tutto ha una fine, anche il sogno americano. La notizia della vittoria del tycoon newyorkese giunge in Italia alle prime luci dell’alba, dopo una notte di sondaggi, proiezioni, maratone televisive fiume con il sentore che si fa sempre più una certezza ovvero sia che la Florida, da sempre tra gli stati in bilico, avrebbe dato corpo e volto al più grande errore della storia democratica. Il numero dei senatori necessari per decretare il 45o presidente degli Stati Uniti d’America c’è, è tutto pronto, servito su di un piatto d’argento per l’ingresso di Donald davanti ai suoi elettori radunati nel quartier generale di New York. Con spocchiose ed altisonanti parole, degne del suo stile “chiassoso” e sopra le righe, il neo presidente ringrazia tutti e, a poco a poco, ti ritrovi a guardare sullo schermo un sogno che si sgretola, parola dopo parola. E non mi riferisco all’auspicio di vedere alla Casa Bianca una donna, sarebbe stato un notevole segnale di civiltà, ma alla consapevolezza che l’american dream er a solo un concetto utopico favoleggiato dai beat e durato una manciata di anni. La vittoria di Trump ci conferma la tendenza del momento, o per meglio dire leva solo la polvere nascosta da sotto il tappeto. Ci siamo illusi che potesse essere rimossa semplicemente dimenticandola. L’election day ci ha dimostrato che il bulletto ha sempre la meglio, che il denaro può tutto, che la deriva populista ed estremista sta intaccando le fondamenta della società, la sta infettando, distruggendo anche quel briciolo di umanità e di empatia tra gli individui che faceva di noi degli “esseri umani.” Questa nuova società è una società del “tutti contro tutti”, dove vige la legge della giungla, dove ha la meglio chi infanga di più l’altro a colpi di accuse, veleni, degne di un’elezione comunale di un qualunque paesino sperduto, non di una grande potenza mondiale. E’ l’apogeo della disperazione di una middle class arrabbiata, offesa, incattivita. Quello che ci resta di questi giorni compulsivi è una brutta pagina di una pessima politica. Cosa diremo al figlio del contadino dell’Alabama che vuole diventare qualcuno, o alla donna madre e moglie che aspira ad un’indipendenza economica, al ragazzino preso in giro a scuola perché omosessuale, alle persone di colore, alle giovani violentate da uomini arroganti che si credono i padroni del mondo? Cosa diremo? Diremo, forse, che l’America non è più il paese dove ognuno può diventare ciò che vuole? Nel giorno in cui ricorre l’anniversario della caduta del muro di Berlino la speranza è che non vengano eretti altri muri.