Fiction: Grand Hotel, più un alberghetto che un hotel a cinque stelle

Sabato, 12 Settembre 2015 09:36 Scritto da  Pubblicato in Tempo Libero Letto 1852 volte

Ce l’avevano proposta come la Dowton Abbey italiana. Un po’ pretenzioso ed anche presuntuoso. La nuova fiction di RaiUno Grand Hotel, in onda ogni mercoledì sulla rete ammiraglia, del piccolo gioiello targato ITV1 non ha proprio nulla. E meglio così! Almeno ci evitiamo paragoni imbarazzanti e tentativi di giustificare improbabili adattamenti. Eppure una trasposizione è stata fatta. Grand Hotel, infatti, è la versione italiana dell’omonima serie di culto in Spagna, dove ha ottenuto un enorme successo. E fin qui non c’è nulla di male, molti prodotti sono stati importati dalla terra iberica e con notevoli risultati. Ma qui c’è qualcosa che non va. In un non ben identificato punto dell’Alto Adige si svolgono le vicende dei protagonisti di un albergo di lusso, gestito da Donna Vittoria, borghese arricchita, che non ha il minimo piglio e il minimo sarcasmo che contraddistingue Lady Violet (scusate, si era detto niente paragoni), che ordisce trame e nasconde terribili misfatti. Al suo fianco il perfido ed avido Marco Testa (Andrea Bosca), direttore dell’hotel ed innamorato di Adele (in personificata dalla bella e talentuosa Valentina Bellé), figlia di Vittoria Alibrandi e del suo defunto marito, tornata da Vienna per partecipare alla Festa della Luce, che sancirà l’effettivo passaggio dal gas alla lampadina, quella che conosciamo noi. La situazione si infittisce quando giunge all’hotel di lusso l’affascinante Pietro Neri (interpretato dal bravissimo Eugenio Franceschini), in cerca della sorella Caterina, cameriera all’albergo, che non da sue notizie da più di un mese. Per scoprire che fine ha fatto l’amata sorella Pietro, si fa assumere come cameriere e stringe un’amicizia immediata con Angelo, anch’egli cameriere e figlio di Donna Rosa, la supervisor delle signorine che lavorano per donna Vittoria. I colpi di scena sono notevoli e disseminati lungo tutto il racconto: omicidi, invidie, misteri, vecchi rancori, voglia di riscatto sociale, ambizione e soprattutto segreti fanno capolino nel racconto, al di sopra del quale, come in ogni fiction che si rispetti, domina la storia d’amore contrastata tra Adele e Pietro. Contrastata, naturalmente dai soldi. Vittoria infatti vuole far sposare la bella figliola con Marco per assicurarsi così l’appoggio incondizionato dell’infido direttore.    

 

Ma qualcosa ancora non va. Sarà il clima nordico dell’ambientazione, per carità le immagini proposte dal drone sono spettacolari, bellissime, solo a vederle si riempiono i polmoni di aria pura, ma sono fredde, senza passione, senza calore, senza intensità. L’inizio della fiction parte con il botto, subito un omicidio - quel cadavere nel lago che ricorda tanto l’incipit di un’altra fiction Rai, La dama velata - proseguendo poi perde sempre più di ritmo - la scena della taverna è degna dei fratelli Bravo in Tierra de lobos (altro prodotto spagnolo) - e la mancanza di velocità unita al fatto che non ci sia poi tutta questa differenza tra servitù e “nobiltà”, fanno il resto. Il linguaggio in cui il signorino Jacopo Alibrandi (Dario Aita) si esprime è davvero troppo contemporaneo anche per chi, come lui, è un giovane viziato che conosce il mondo. I nuovi borghesi arricchiti che aspirano a diventare classe dirigente rivelano tutti i difetti del loro basso ceto e qui, la figura di Pietro risalta su tutti i finti nobili. A fare da cornice i vestiti e il clima rivoluzionario della belle èpoque.

Il rischio dei racconti corali, dove anche la servitù ha una vita forse più esaltante di tante altre che popolano il film, è il cadere nella confusione. Quando c’è troppo da raccontare si rischia di dire troppo e alla fine non far arrivare nulla.

 

Insomma al di la dello scopiazzo, al di la dell’atmosfera alle volte troppo cupa, e al di la del fatto che i due protagonisti, dopo due puntate, si sfiorino ancora appena, come se fossimo in un terribile film polacco, non può reggere ancora per molto. Le chance di far bene ci sono tutte: il mistery c’è, il giallo anche, i due giovani ragazzi sono belli e bravi, ora manca solo che la fiction tiri fuori l’asso dalla manica e con un colpo di reni cerchi di risollevare la situazione perché, in vista della sfida contro la settima stagione di Squadra Antimafia, non so se Grand Hotel ce la farà a mantenere i 3 milioni e mezzo di spettatori dell’ultima volta. 

Ultima modifica il Mercoledì, 06 Marzo 2019 15:46